Recensione: La Dernière Rive
- Jean-François Ravagnan ripercorre la storia della tragica immagine mediatica di un giovane gambiano che annega a Venezia per cercarne le radici e dargli un nome

Jean-François Ravagnan ha presentato in prima mondiale a Visions du Réel, nella sezione Highlights, il suo primo lungometraggio documentario, La Dernière Rive. Sebbene abbia al suo attivo un cortometraggio di finzione, Renaître, uscito nel 2015, Jean-François Ravagnan è meglio conosciuto per il suo lavoro come assistente alla regia in film come Insyriated [+leggi anche:
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La Dernière Rive si apre con un'immagine scioccante, ripresa da un turista veneziano nel gennaio 2017, che mostra un giovane gambiano che annega nel Canal Grande davanti a un centinaio di turisti, mentre gli insulti razzisti sembrano sovrastare le grida di aiuto e, soprattutto, nessuno si muove. Di fronte alla spettacolarità di queste immagini, alla copertura mediatica dello scandalo e alla rabbia per l'insensata passività degli spettatori, che potrebbe portare a una forma di stupore e poi di indignazione, il regista sceglie la complessità, dando voce a chi conosceva Pateh, il ragazzo del Canal Grande. Man mano che i loro racconti si dipanano, diventa chiaro che la storia del giovane è sia quella universale dell'esilio sia quella unica di un uomo devastato dalla solitudine e dalla nostalgia di casa.
Qui non ci sono interviste filmate, l’approccio è personale e il mezzo privilegiato, quello delle voci umane, amplifica l'intimità del racconto, contribuendo non solo a dare un’identità a Pateh, ma anche a evidenziare la densità, la complessità e la singolarità del suo viaggio. Annientata dal dolore, sua madre parla per sé, ma anche per le donne del villaggio in generale, tutte in lutto per i figli scomparsi. Il padre e il fratello parlano del dolore della perdita, ma anche del senso di colpa per aver lasciato che una persona cara sopportasse il costo della partenza e i suoi rischi. Sullo schermo scorrono scene di vita quotidiana, con o senza i suoi cari, in Gambia ma anche a Malta, dove Pateh ha cercato per un certo periodo di farsi una vita.
Capiamo anche che, sebbene Pateh sia sopravvissuto ai numerosi pericoli del processo migratorio – l'attesa in Libia, la traversata del Mediterraneo, i campi in Italia, le pratiche burocratiche – il suo calvario era tutt'altro che finito. Concentrandosi sul viaggio di Pateh, segnato da una fatale malinconia dell'esilio che lo porta vicino alla follia, La Dernière Rive aggiunge profondità alla riflessione sull'accoglienza dei lavoratori migranti e, in particolare, sulla loro cura psicologica. L'apparente dolcezza delle immagini e del ritmo e la forma poetica del film contrastano con il suo incipit, dando spessore alla rabbia iniziale, ma anche individualizzando il lutto, rendendolo meno generico per coglierne meglio il significato.
La Dernière Rive è prodotto da Dérives (Belgio), in coproduzione con Michigan Films (Belgio), Wallonie Image Production, Sténopé (Belgio) e Les Films d’ici (Francia).
(Tradotto dal francese)
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