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FILM / RECENSIONI Spagna / Paesi Bassi

Recensione: Muy lejos (Molt lluny)

di 

- Gerard Oms riporta la sua esperienza di emigrante nel suo primo lungometraggio da regista, in cui il protagonista disorientato cerca di fuggire da se stesso senza riuscirci

Recensione: Muy lejos (Molt lluny)
Mario Casas in Muy lejos (Molt lluny)

“Non si può scappare da ciò che si è”. È quanto dice un personaggio secondario al protagonista, Sergio (interpretato da Mario Casas), riassumendo il tema centrale di Muy lejos (Molt lluny) [+leggi anche:
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. È il primo lungometraggio diretto da Gerard Oms, che ha formato attori come Milena Smith, Bárbara Lennie e lo stesso Casas, che ha vinto la Biznaga d'argento per la miglior interpretazione maschile al Festival di Malaga per questo lavoro, elogiato anche dalla giuria della critica dell'evento (leggi la news) e che arriva nelle sale spagnole venerdì 11 aprile, distribuito da BTeam Pictures.

Il vincitore del Goya per No matarás [+leggi anche:
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interpreta un trentenne che, insieme al fratello e agli amici, va a vedere una partita di calcio dell'Espanyol a Utrecht. Ma lì, in mezzo allo stadio, inizia a sentirsi male, un'ansia che crescerà nel corso della serata. Il giorno dopo, senza pensarci troppo, escogita uno stratagemma per evitare di tornare nel suo Paese, perché ha bisogno di fuggire dalla sua vita precedente, da quello che dovrebbe essere e da quello che dovrebbe diventare. Così, in un luogo nuovo e poco accogliente, dovrà reinventarsi (rinascere, come simboleggia la sua immagine che guarda il mondo dalla stretta finestra della sua soffitta), con le difficoltà che derivano dal diventare un immigrato che non parla nemmeno la lingua locale.

Ma Oms, che ha riversato in questo film la propria esperienza personale, fa sì che accompagniamo Sergio nella sua continua lotta contro gli elementi, la mascolinità tossica, la crisi economica del primo decennio di questo secolo e le sue emozioni più intime. È un personaggio silenziosamente sconfitto da una società che gli chiede continuamente di comportarsi in modo specifico e rigido per rientrare nel branco eteronormativo, rappresentato da questo sport ad alto tasso di testosterone.

Sergio vorrebbe giocare in un altro campionato, ma non ha il coraggio di farlo. Perciò, in un luogo dove nessuno lo conosce, può rinascere, anche se troverà sostegno e comprensione solo tra coloro che sono come lui: stranieri in una terra lontana, in costante lotta contro l'ostilità circostante e il clima avverso. Introverso e sfuggente, si scontrerà anche con uno specchio in cui non vuole guardarsi, rappresentato da Manel, un altro catalano espatriato nei Paesi Bassi, interpretato senza il suo solito carisma da David Verdaguer.

Con una macchina da presa a mano e abbondanti piani sequenza che avvicinano Muy lejos non solo al cinema documentario, ma soprattutto a quello dei fratelli Dardenne (e di registi spagnoli come Belén Funes, Álvaro Gago e Neus Ballús, montatrice di questo film) che Oms ammira tanto, l'attenzione non si allontana da Sergio in modo che lo spettatore provi la sua stessa ansia, angoscia e impotenza. E ci riesce, tanto che quando arriva il momento della liberazione e della schiusa, il leggero disagio che fino ad allora, come per il personaggio di Mario Casas, lo ha accompagnato per tutto il film, scompare dal suo petto.

Muy lejos è una produzione di Zabriskie FilmsRevolver Amsterdam. Latido Films si occupa delle vendite internazionali.

(Tradotto dallo spagnolo)

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