Recensione: Oxana
- In un racconto commovente, Charlène Favier ripercorre l'esistenza rivoluzionaria e artistica, piena di coraggio e avversità, di una delle fondatrici del movimento Femen

"La nostra missione? La rivolta. Il nostro Dio? La donna. Le nostre armi? I nostri seni". Sono passati 17 anni da quando tre giovani donne ucraine decisero di chiamarsi Femen, per poi denunciare e sfidare, insieme ai loro seguaci, i corrotti e i tiranni come il presidente russo Vladimir Putin e il bielorusso Aleksandr Lukaschenko, a colpi di eventi spettacolari trasmessi dai media di tutto il mondo. Col senno di poi, e mentre numerosi eventi, dalla guerra agli eccessi populisti fuori controllo, continuano a scuotere il pianeta, le cause allora sostenute dalle Femen, nonostante il pericolo e a costo di dolorose misure di ritorsione, si impongono ora come prove luminose e premonitrici.
È a questa storia, per non dimenticare, per rendere omaggio e ricordare le virtù e i rischi della lotta per la libertà, che Charlène Favier ha deciso di dedicare il suo secondo lungometraggio dopo Slalom [+leggi anche:
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intervista: Charlène Favier
scheda film] (Selezione ufficiale Cannes 2020). Con Oxana [+leggi anche:
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scheda film], che uscirà nelle sale francesi per Diaphana il 16 aprile, la regista scava nello stesso solco archetipico, femminista e umanista (l'entusiasmo idealista e l'ambivalenza di una giovane eroina di talento alle prese con le avversità) in un contesto molto più ampio e totalmente diverso. Perché stavolta, si tratta di una questione di vita o di morte.
"Voglio essere libera di scegliere il mio futuro", "voglio cambiare il mondo". Siamo nel 2008 a Khmelnytskyï, a sud-ovest di Kiev. La studentessa ventunenne Oxana (la rivelazione Albina Korzh), che dipinge anche bellissime icone fin dall'infanzia, organizza la prima azione delle Femen insieme alle sue amiche Lada (Lada Korovai) e Anna (Oksana Zhdanova): ricoperte di sangue finto, mettono in luce la corruzione in un ospedale in cui le donne muoiono per mancanza di cure adeguate. È l'inizio di un viaggio ad alto tasso di adrenalina che le vedrà affinare le loro strategie provocatorie, raggiungere la capitale ucraina, attirare sempre più attenzione e sostegno mediatico, diventare modelli nell'Europa occidentale, ma anche correre rischi maggiori sfidando poteri molto forti sul loro territorio, che contrattaccheranno con veemenza.
È da Parigi (dove la giovane donna aveva trovato rifugio cinque anni prima), il 23 luglio 2018, che il periodo Femen di Oxana si snoda in flashback (e avanti e indietro), dall'infusione della rivolta all'esaltazione attivista, dalla paura alla disillusione, dal filo conduttore della pittura alla solitudine dell'esilio. Tracciando il ritratto di una Giovanna d'Arco ipersensibile, filmata da vicino, una storia di ascesa e caduta, Charlène Favier non solleva completamente il velo sull'enigma del conflitto interiore di Oxana e sul suo destino elettrizzante e tragico (sebbene la disperazione non sempre possa essere spiegata razionalmente) e si scontra anche un po' con un segmento parigino che appare meno naturale degli episodi ucraini. Ciononostante, riesce a scolpire nel marmo del cinema (con una splendida colonna sonora di Delphine Malaussena) e nella storia delle più sgargianti attiviste, il ricordo commovente di una giovane donna audace, creativa e mistica per la quale "senza lotta, non c'è più vita".
Oxana è prodotto da Rectangle Productions e 2.4.7 Films, ed è coprodotto da Hero Squared, France 3 Cinéma e Tabor LTD. Goodfellas guida le vendite internazionali.
(Tradotto dal francese)
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