Recensione: Río abajo, un tigre
di Olivia Popp
- Il film d'esordio di Víctor Diago è uno sguardo onirico sulla vita di una donna spagnola a Glasgow mentre vaga per la città, con la videocamera in mano

Júlia (Júlia Diago) ama fotografare gli sconosciuti sui ponti, utilizzando una vecchia macchina fotografica a pellicola. Le piace l’idea di simbolicità: due oggetti discreti uniti da un terzo che permette ancora di distinguere gli elementi – ci sono contemporaneamente un dualismo e un monismo. Essendo originaria di Barcellona, questa è una metafora calzante per la sua vita a Glasgow, dove si arrangia a lavare i piatti di notte e sembra fare da ponte tra mondi discreti che coesistono dentro di lei. Questa è la base di Río abajo, un tigre, il lungometraggio d'esordio dello scrittore e regista Víctor Diago, che ha lavorato anche come montatore per serie televisive e film. Il film ha partecipato al Concorso internazionale di IndieLisboa in anteprima mondiale.
Río abajo, un tigre si apre con un'interazione criptica. Mentre è a letto, Júlia chiede a un uomo, Shubham (Shubham Kirbe), di raccontarle una storia della sua infanzia in India - la storia in cui è seguito da una tigre mentre attraversava un ponte in una foresta. Questa sensazione di pedinamento non sembra mai svanire, trasformandosi in un'altra metafora generale del film: dover sempre stare in guardia nel proprio ambiente, o avere sempre la sensazione che qualcosa di pericoloso incomba sullo sfondo.
Júlia fluttua in diversi ambienti mentre la telecamera cattura ciò che vede come un’osservatrice silenziosa, ma non ha paura di interagire con ciò che la circonda. Gli abitanti di Glasgow chiacchierano volentieri con lei, mentre trascorrono le loro giornate e si dedicano alle loro attività. Ad esempio si vede una famiglia di pescatori con la calamite e la sequenza in cui Júlia si confronta con loro ha uno stile molto documentaristico.
Il direttore della fotografia Dani Benejam cattura queste interazioni come se fossero ancora in qualche modo estranee a Júlia, o come se fosse separata da esse - non necessariamente in modo negativo, ma in un modo che dimostra la sua distanza. È solo quando incontra Shubham, un estraneo, che riesce a connettersi più profondamente. Benejam coltiva anche un'estrema percezione onirica nella qualità leggermente sgranata della pellicola, quando Júlia è costantemente catturata in inquadrature medie o addirittura in primi piani, come se cercasse di colmare il divario emotivo con la rigidità dell'inquadratura.
Diago inserisce filmati storici della National Library of Scotland, lasciando visibilmente le filigrane delle immagini d'archivio. Si tratta di una scelta importante, che funge da tributo all'archivio e al tempo stesso mostra che molte cose sono rimaste immutate, descrivendo quanto di Glasgow esistesse prima del suo arrivo e prima che noi ne fossimo testimoni. Un momento impressionante è il passaggio tra Júlia sui mezzi pubblici e un video d'archivio che sembra praticamente essere stato girato nell'arco degli stessi pochi secondi. Il tentativo di trascendere il tempo non funziona sempre alla perfezione, ma l'integrazione di filmati ci costringe a riflettere su cosa significhi entrare in uno spazio e catturarlo. Forse stiamo creando un ponte tra due spazi mentre lo facciamo, sembra dire Diago.
Río abajo, un tigre è prodotto dalla spagnola Boogaloo Films, mentre le vendite internazionali sono affidate a The Open Reel.
(Tradotto dall'inglese)
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