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CANNES 2025 Quinzaine des Cinéastes

Recensione: La mort n'existe pas

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- CANNES 2025: Il film d’animazione fantasy di Félix Dufour-Laperrière segue un gruppo di giovani rivoluzionari che vogliono rovesciare sia l'élite che la mortalità

Recensione: La mort n'existe pas

I camaleonti si affidano al mimetismo per la loro sopravvivenza e adattabilità; se anche i personaggi umani di La mort n'existe pas, dell'animatore quebecchese Félix Dufour-Laperrière, hanno bisogno ad un certo momento di diventare verde chiaro o dorati, il regista glielo permette. Nonostante la mutevolezza degli sfondi e la chiarezza tortuosa delle linee del suo disegno, sarebbe sbagliato definire questo compatto lungometraggio - presentato in anteprima alla Quinzaine des Cinéastes di Cannes – “trippy”, psichedelico; è invece onirico e soul, con un particolare fatalismo gallico dovuto ai dolori e agli aneliti dei suoi giovani aspiranti rivoluzionari, che sono come sessantottini nell'epoca del pessimismo climatico.

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La trama esile e vaga è giustificata dal modo in cui si libera il lavoro di animazione fatto da Dufour-Laperrière. Un gruppo di giovani ventenni, guidati dalla spigolosa Manon (voce di Karelle Tremblay), attraversa con cautela una foresta stregata, mentre davanti a loro si profila una vasta tenuta. Manon tiene un discorso finale ai suoi compagni, prestando particolare attenzione alla più timida Hélène (Zeneb Blanchet) e comunicando che per il bene dell'umanità non hanno altra scelta se non quella di dare una lezione a questi “ricchi sfigati”. Dopo il fallimento di metodi più pacifici di azione diretta, essi desiderano ambiziosamente salvare il mondo dal collasso ambientale e ripristinare gli standard etici.

Armati in modo surreale di fucili a doppia canna (meglio associati alla caccia agli uccelli, di cui si parlerà tra poco), si dirigono verso l'opulenta proprietà, dove si scatena uno scontro a fuoco; i rivoluzionari, i loro bersagli e le guardie di sicurezza sprizzano sangue color caramello quando vengono colpiti. Hélène fissa con disagio un'anziana signora in sedia a rotelle dai penetranti occhi verdi (Barbara Ulrich) e si allontana bruscamente, sottraendosi a un atto decisivo che avrebbe apparentemente portato a termine la loro missione.

La mort n'existe pas sembra un sogno vorticoso generato dalle ansie dell'ultimo decennio, con la cellula di Manon che evoca manifestanti ambientalisti radicali britannici come Extinction Rebellion e Just Stop Oil. L'ipnotico controllo dei toni e la fiducia di Dufour-Laperrière in una pura narrazione visiva trattenuta - a volte lasciando che i suoi personaggi parlino in un'unica, suggestiva location come se si trattasse di un film minimalista in live-action - fanno apparire la loro crociata affascinante e con dei princìpi. Quando siamo giovani, tutti vogliamo entrare in un club, in una gang o simili, e sentirci inclusi; qui, questa “gang” si sente particolarmente militante, desiderosa di vendicarsi degli anziani che hanno rovinato le loro vite e quelle di coloro che verranno.

Con tutti questi riferimenti ambigui, il regista crea un mondo speculativo, ma coerente, in cui alla fine si vede l'esito diretto della loro missione: un terremoto di terra che travolge le aree urbane in un feroce processo di rewilding, uccelli abbattuti e cadaveri umani che si rianimano in reverse motion. Come sempre, un'animazione indipendente come questa diventa un veicolo in cui lo spettacolo di livello hollywoodiano può essere concepito a basso costo: come Gints Zilbalodis nel grande Flow [+leggi anche:
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dell'anno scorso, la maestria di Dufour-Laperrière sembra un trucco di magia, in cui il nostro scetticismo nei confronti di personaggi e dettagli meno sviluppati cade a causa della vastità e della tangibilità del suo immaginario.

La mort n'existe pas è una coproduzione tra Canada e Francia di Embuscade Films e Miyu Productions. Le vendite internazionali sono affidate a Best Friend Forever.

(Tradotto dall'inglese)

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