Recensione: Sirât
- CANNES 2025: Oliver Laxe fa esplodere una bomba artistica ad altissima intensità immergendosi nel viaggio iniziatico nel deserto di una sorprendente famiglia allargata

"Niente di tutto questo ha senso. Non saremmo mai dovuti venire. Come usciamo da qui? Dove siamo?". Nel Corano, il concetto che dà il titolo a Sirât [+leggi anche:
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scheda film], lo straordinario film di Oliver Laxe che ha catapultato il concorso del 78mo Festival di Cannes in un'altra dimensione, è un ponte sospeso sull'Inferno, "più sottile di un capello e più affilato di una spada". È nella sua traversata allegorica, nel mezzo del deserto marocchino, sullo sfondo della fine del mondo che si avvicina e al ritmo di una techno immersiva, che il regista spagnolo segue un gruppo di europei composto da cinque disertori della società, perennemente alla ricerca di rave party, cui si uniscono un padre e il suo giovane figlio alla ricerca di una ragazza scomparsa.
"Papà, andiamo, seguiamoli - Ci stanno seguendo. Ci state seguendo? Non è una buona idea, romperai la macchina, le strade sono molto pericolose - Non abbiamo scelta". Al termine di un intenso rave interrotto dallo stato di emergenza dichiarato dall'esercito locale, Jade (Jade Oukid), Stef (Stefania Gadda), Josh (Joshua L. Henderson), Tonin (Tonin Janvier) e Bigui (Richard Bellamy) scappano a bordo dei loro due piccoli furgoni per raggiungere un altro gruppo, a Sud, vicino alla Mauritania. A seguirli da vicino con la sua auto c'è Luis (Sergi Lopez), insieme a Esteban (Bruno Núñez), suo figlio di circa 10 anni. L'uomo sta cercando disperatamente di trovare la figlia maggiore Mar, scomparsa da oltre cinque mesi. Inizia così un folle viaggio in zone desertiche e montuose completamente disabitate.
"La porta deve essere allineata". Sotto i suoi aspetti epici e drammatici, estremamente concreti e immersi nella moderna musica dei dervisci rotanti di Kangding Ray, Sirât offre un vertiginoso viaggio mistico e metafisico sotto l'effetto di psicotropi naturali. Attraverso gli occhi di Luis e di suo figlio, superati i primi ostacoli, si rivela un altro mondo di clausura più invisibile, pieno di pericoli, mentre le emozioni estreme esplodono verso l'oscurità (sotto un sole spietato). Riciclando molti generi (un tocco di Mad Max, un pizzico di Zabriskie Point, il rituale del Tawaf alla Mecca e così via) e seguendo il sottile filo conduttore dei suoi lavori precedenti (tra cui Mimosas [+leggi anche:
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scheda film] e O que arde [+leggi anche:
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scheda film]), Oliver Laxe trascina completamente lo spettatore e riesce magistralmente a creare un film esperienziale indimenticabile (ma assolutamente non sperimentale) sull'uomo e il mondo, il collettivo e l'individuale, l'essere e il nulla, la radicalità e l'universalità, l'intimo e il cosmico, che è meglio attraversare senza riflettere per goderne appieno.
Sirât è prodotto dalle società spagnole Los Desertores Films AIE, Filmes da Ermida, El Deseo (la società dei fratelli Almodóvar) e Uri Films e la società francese 4 A 4 Productions, ed è coprodotto da Movistar Plus+. The Match Factory cura le vendite internazionali.
(Tradotto dal francese)
Photogallery 15/05/2025: Cannes 2025 - Sirât
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© 2025 Fabrizio de Gennaro for Cineuropa - fadege.it, @fadege.it
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