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CANNES 2025 Quinzaine des Cinéastes

Recensione: Mirrors No. 3

di 

- CANNES 2025: Christian Petzold e l'attrice Paula Beer tornano a collaborare in questo film incentrato su due donne che condividono il loro dolore

Recensione: Mirrors No. 3
Paula Beer in Mirrors No. 3

Nonostante i suoi ultimi tre lungometraggi siano ambientati nel presente, c'è qualcosa nel cinema di Christian Petzold che sembra adattarsi meglio al passato. Questo è dovuto tanto al classicismo del suo approccio quanto alla sua cinefilia, che gli permette di analizzare e ricreare la Storia in modo diretto, piuttosto che limitarsi a catturarne la risonanza nella contemporaneità. Il suo film precedente, Afire [+leggi anche:
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, ha rappresentato una gradita svolta verso la commedia in stile Rohmer (completa della sua consueta tensione e suspense), ma il suo nuovo lavoro, Mirrors No. 3 [+leggi anche:
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, presentato in anteprima alla Quinzaine des Cinéastes di Cannes, appare al confronto un po' spento, oltre che prevedibile nei suoi colpi di scena, pur mantenendo gran parte dello stile distintivo del regista.  

Mirrors No. 3, che prende il nome da un iconico brano per pianoforte di Ravel, è apparentemente ambientato nel mondo reale, ma in un mondo ancora ossessionato da strane coincidenze e irrazionali lacune logiche. La collaboratrice abituale Paula Beer interpreta Laura, una talentuosa studentessa di musica con un certo "eteropessimismo": la prima apparizione sullo schermo del suo fidanzato Jakob (Philip Froissant), in controcampo, è quasi uno shock, e il suo disagio nei suoi confronti diventa evidente quando lui – ugualmente studente di musica – cerca di convincere un prestigioso produttore di musica elettronica con cui stanno socializzando quel giorno a collaborare. Laura gli intima di tornare a casa e i due subiscono un tragico incidente d'auto in cui Jakob muore. Ovviamente traumatizzata, Laura viene accudita da una misteriosa donna anziana di nome Betty (Barbara Auer), che vive sola in una casa isolata lungo la strada ed è una delle prime persone a imbattersi nei rottami.

La facilità con cui Laura si integra nella vita domestica di Betty (aiutandola a dipingere la recinzione del giardino, adattandosi perfettamente ai vecchi vestiti della figlia e mostrando un talento per la cucina tradizionale tedesca) è inquietante, in particolare per il marito di Betty, Richard (Matthias Brandt), e per il figlio Max (Enno Trebs), che lavorano insieme come meccanici e hanno un rapporto con Betty che potrebbe essere descritto come "affettuosamente" distante.

Mentre si compiono certamente piccoli passi verso una spiegazione o una rivelazione, i membri di questo nuovo quartetto si girano intorno con cautela, rispecchiando i comportamenti e i ruoli sociali e romantici l'uno dell'altro e di figure meno importanti nella storia, siano esse vive o morte. Minuto dopo minuto, ogni nuovo dettaglio e informazione – insieme all'attenta disposizione dei corpi nell'inquadratura, che spesso evita i primi piani più emotivi – porta sia chiarezza narrativa che maggiore ambiguità. Con una mano, Petzold offre la bellezza della musica di Ravel e con l'altra, chiusa e nascosta dietro le spalle, custodisce la pura comprensibilità narrativa: questo è il suo stile.

Se l'intenzione del regista è quella di esprimere una tesi politica, l'elevato status sociale che Laura potrebbe assumere come pianista concertista classica, in contrasto con la posizione proletaria della famiglia e il loro desiderio di possederla o trattenerla, potrebbe avere una certa carica simbolica, soprattutto data la polarizzazione sociale riflessa nelle recenti elezioni tedesche, sebbene si tratti di una debole risonanza che ha un suo peso solo se lo spettatore desidera darglielo.

Come già detto, sembra scortese lamentarsi visto il fascino familiare di Mirrors No. 3, ma in questa tardiva prima apparizione a Cannes, c'è probabilmente un riflesso eccessivo degli effetti che il regista ha ottenuto in modo più potente – e con meno rischi di sentimentalismo – diverse volte in passato.

Mirrors No. 3 è una produzione tedesca guidata da Schramm Film - Koerner Weber Kaiser, in coproduzione con ZDF e ARTE GEIE. Le vendite mondiali sono a cura di The Match Factory.

(Tradotto dall'inglese)

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