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FILM / RECENSIONI Italia / Francia

Recensione: Come gocce d’acqua

di 

- Stefano Chiantini racconta con profonda umanità un rapporto padre-figlia segnato dall’abbandono, dalla malattia e da un segreto rivelato che cambia improvvisamente la prospettiva

Recensione: Come gocce d’acqua
Edoardo Pesce e Sara Silvestro in Come gocce d'acqua

Dare voce ai supereroi del quotidiano, alle persone comuni che tutti i giorni affrontano difficoltà enormi e che come superpotere non hanno altro che la loro umanità. Da questo impulso è nato il nuovo film di Stefano Chiantini, Come gocce d’acqua, il cui titolo di produzione era proprio Supereroi. Presentato alla 19ma Festa del cinema di Roma nella sezione Grand Public e in arrivo ora nelle sale italiane, il 5 giugno con BiM, il nono lungometraggio del prolifico regista 50enne abruzzese (quattro film negli ultimi quattro anni, tra cui Una madre, e un altro titolo già in post-produzione) è un dramma di sentimenti ed emozioni trattenute che ruota attorno al difficile rapporto tra un padre assente e una figlia poco più che adolescente, un rapporto tutto da ricostruire che viene messo a dura prova da una malattia improvvisa e dalla rivelazione di un segreto sconvolgente che rimescola tutte le carte.

Jenny (l’esordiente Sara Silvestro) è una giovane promessa del nuoto. Al termine di un’importante gara, che vince, cerca lo sguardo dei suoi amici, del suo fidanzato, del suo allenatore, di tutti tranne che di suo padre, che pure la stava seguendo dagli spalti facendo il tifo per lei. Il padre, Alvaro (Edoardo Pesce), ha abbandonato lei e sua madre molti anni prima, per un’altra donna. Ma ora ci tiene ad essere presente e a condividere i successi di sua figlia, alla quale è stato lui, ex nuotatore, a trasmettere la passione per le gare in acqua. Jenny però non lo ha mai perdonato e, per Alvaro, riconquistare la fiducia di sua figlia è un percorso tutto in salita. La sceneggiatura, scritta dallo stesso Chiantini, sa ben descrivere i piccoli passi di un riavvicinamento possibile: può essere una battuta che fa sorridere, una canzone che fa ballare entrambi o una sfida a colpi di bracciate in mare aperto per vedere chi è più veloce. Ma proprio quando il ghiaccio sembra sul punto di sciogliersi, arriva la disgrazia: un ictus che rende Alvaro disabile.

Con profonda umanità, il film descrive l’istinto naturale di un figlio che non esita a prendersi cura di un genitore, nonostante tutti i difetti, le mancanze e gli errori commessi. Jenny si sacrifica per stare con suo padre, per un po’ mette da parte la sua carriera agonistica, contro il parere di tutti, in particolare di sua madre Margherita (Barbara Chichiarelli), una madre presente, empatica ma decisamente imperfetta, come apprenderemo più avanti conoscendo il suo passato e i motivi che hanno portato alla rottura con Alvaro. Come dal buco della serratura, scrutiamo l’intimità di questa famiglia irregolare che malgrado tutto continua a funzionare (“pur con tutte le sue disfunzioni, la famiglia è il luogo dove si può veramente imparare il perdono”, afferma il regista), dove ci si aiuta e ci si sostiene senza troppi giri di parole. È un film che gioca sui silenzi, sulla difficoltà a esprimere i propri sentimenti, come in apnea (Apnea è un altro titolo a cui Chiantini aveva pensato per questo lungometraggio), un film che parla attraverso i corpi e i volti dei suoi personaggi, e che sa commuovere sfruttando abilmente il colpo di scena e il cambio di prospettiva.

Come gocce d’acqua è prodotto da World Video Production e da Ballandi con Rai Cinema e in collaborazione con la società con sede a Parigi Bling Flamingo.

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