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TRIBECA 2025

Recensione: Dog of God

di 

- Il film di Lauris e Raitis Abele, l’ultimo lungometraggio d’animazione lettone, sarà uno shock per chi cerca qualcosa di simile a Flow

Recensione: Dog of God

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(che ha vinto il Premio LUX del pubblico tra innumerevoli altri riconoscimenti) ha dimostrato che ci sono opportunità per chi non vuole conformarsi al grande paradigma degli studi americani o dell’anime, dimostrando anche che un piccolo paese baltico può avere un grande impatto su scala internazionale. In anteprima mondiale nella sezione Escape from Tribeca del Tribeca Film Festival, Dog of God – diretto dai fratelli Lauris e Raitis Abele, il cui precedente lungometraggio live-action Troubled Minds [+leggi anche:
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è stato presentato nella competizione First Feature di Tallinn Black Nights – si propone come un concetto allettante per chi cerca le ultime novità nell’animazione lettone. Ma è bene prepararsi a vivere un’esperienza molto più intensa e adulta di quanto ci si potrebbe aspettare.

Il XVII secolo. Un villaggio livone svedese. Tra piogge torrenziali e cieli oscuri, i contadini si ubriacano insieme agli aristocratici che si abbandonano ai piaceri carnali. Nel frattempo, la casta religiosa – con una devozione ipocrita – li esorta a temperare i loro peccati. Quando una reliquia antica scompare, una donna viene accusata di stregoneria, spingendo un lupo mannaro autoproclamato – noto anche come Cane di Dio – a intervenire con un dono davvero singolare: “Le Palle del Diavolo”. La comunità viene subito sconvolta, la follia inizia a calare mentre l’edonismo prende il sopravvento, e il villaggio precipita in un miscuglio di sesso e violenza, dove il desiderio è lasciato libero e la moralità rapidamente dimenticata.

Dall’inizio, con la scena in cui un paio di testicoli vengono brutalmente strappati al loro proprietario, seguita da una mucca che defeca serenamente in un campo, è subito chiaro che Dog of God sarà un vero assalto ai sensi. Grazie all’uso del rotoscopio — che richiama la versione animata de Il Signore degli Anelli di Ralph Bakshi del 1978 — il film oscilla tra un realismo sporco e un’esplosione caleidoscopica di scene cariche di sesso, violenza e sogni allucinogeni. La tecnica del rotoscopio conferisce un’immediatezza tattile a questa storia animata, densa di sporcizia e depravazione, ispirata al racconto reale di uno degli ultimi processi per stregoneria legati ai lupi mannari, tenutosi nel 1692.

Ma non si tratta di una totale discesa nell'abisso. Mostrando apertamente altre influenze — come Monty Python e il Sacro Graal e Heavy Metal (la leggendaria rivista a fumetti e il suo omonimo film) — il lungometraggio possiede anche un senso di satira, di ironia (e, nel caso di un gatto presente nel film, di un’ironia decisamente fuori dagli schemi) e di una volgarità festosa. Perché, sebbene Dog of God denunci l’ipocrisia appartenente alla gran parte della società (e, nonostante il suo contesto storico-fantastico, molti temi restano oggi più che mai attuali), celebra anche il potere duraturo del folklore e il modo in cui gli esseri umani possono resistere — e perfino prosperare — di fronte all’oppressione.

Pur con qualche incertezza – il ritmo è un po’ disomogeneo, con una prima metà piuttosto lenta che accelera poi bruscamente verso la follia – Dog of God è un’opera in puro stile Grand Guignol, a tratti audace e sfacciata in modo esaltante. Considerando che oggi l’etichetta “animazione lettone” è già di per sé una garanzia, il film ha ottime possibilità di funzionare bene nel circuito dei festival, soprattutto in quelli dedicati all’animazione e ai film di genere. Anche se, la sua natura esplicitamente adulta potrebbe rendere più complicata una distribuzione cinematografica internazionale.

Dog of God è una coproduzione tra Lettonia e Stati Uniti. È stato realizzato dallo studio Tritone di Riga e da Lumiere Lab, con sede a Los Angeles. Le vendite internazionali sono curate da Media Move, con base a Berlino.

(Tradotto dall'inglese)

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