Recensione: Dragonfly
- Brenda Blethyn e Andrea Riseborough recitano nel film di Paul Andrew Williams su un'anziana vedova che stringe un legame con la sua vicina

Nell'ultimo film di Paul Andrew Williams, Dragonfly, proiettato nell’International Narrative Competition del Tribeca Film Festival e annunciato anche nella sezione Special Screenings del prossimo Festival Internazionale del Cinema di Karlovy Vary (leggi la news), Elsie (Brenda Blethyn) è un'anziana vedova che vive da sola. Dopo aver subìto un piccolo infortunio, il figlio John (Jason Watkins), che vive lontano dalla madre, le assicura un'assistenza a domicilio. Ma l'unico legame umano significativo sembra essere quello con la solitaria vicina di casa Colleen (Andrea Riseborough), mentre le donne che la assistono sembrano distanti, la loro presenza è più una questione di dovere che di autentico interesse. Prima di diventare amica di Elsie, Colleen sembra essere una giovane donna che fatica a inserirsi nella società e l’unica compagnia il suo pitbull dall'aspetto spaventoso.
Dragonfly è stato girato in 16mm dalla direttrice della fotografia Vanessa Whyte, una scelta che cattura magnificamente il nucleo emotivo della storia. L'aspetto sgranato fa sembrare la storia datata e al tempo stesso senza tempo, e la trama affronta un tema che va oltre le generazioni. Le persone anziane lasciate sole, soprattutto in contesti suburbani come quello ritratto nel film, si sentono spesso un peso per i loro figli e per chi si prende cura di loro, il che non fa che intensificare la loro solitudine. In un film come quello di Williams, dove le sfumature emotive sono centrali, l'interpretazione della Riseborough è mozzafiato. Ogni sguardo, ogni movimento e ogni parola che Colleen pronuncia sono trasmessi con notevole precisione, dando vita a quella che potrebbe essere una delle più potenti interpretazioni dell'anno. La Blethyn è altrettanto convincente, e regala al suo personaggio una tenera vulnerabilità. La sua interpretazione è silenziosamente devastante e, a volte, evoca la Sara Goldfarb di Ellen Burstyn in Requiem for a Dream, in particolare nelle scene in cui siede in silenzio davanti alla televisione. Nella sua disperata ricerca di compagnia, è ritratta come profondamente umana e la chimica naturale tra lei e la Riseborough è innegabile.
Dal punto di vista registico, il film è caratterizzato da un'impostazione minimalista e intima, che si rivela molto efficace. Il film ricorda le classiche opere britanniche che trattano temi sociali, infarcite di sottili conflitti interpersonali che evocano lo stile di Mike Leigh - e non solo per il ruolo passato di Blethyn nel suo famoso Segreti e bugie. La ripetizione di azioni quotidiane crea un senso di familiarità con il pubblico, solo che il film interrompe poi questo ritmo con la tensione emotiva che nasce tra le due donne.
E’ particolarmente sensibile la decisione di mantenere la regia relativamente “anonima” o, piuttosto, “invisibile” e, probabilmente, è l'approccio più adatto per una storia di così tranquilla profondità. Il pubblico si intromette sottilmente nella vita di queste donne, osservando la loro solitudine da lontano. Infatti, molti movimenti di macchina si affidano a zoomate, a volte anche leggermente instabili, per rafforzare il senso di disagio e di vicinanza emotiva.
Alla fine, la lenta combustione porta a quella che sembra una conclusione breve e poco convincente, che paradossalmente è forse il momento meno avvincente del film. Nonostante il senso di tensione che si sviluppa per tutta la durata del film, la risoluzione della storia sembra esitante e alla fine prevedibile. Ciò che precede è molto più ricco di sfumature e coinvolgente, e fa sì che l'epilogo finale sia in qualche modo un compromesso con il pubblico. Il film è in ogni caso unico nel suo genere e rappresenta un ritratto silenziosamente potente di due personaggi memorabili.
Dragonfly è prodotto dalle britanniche Giant Productions e Meraki Films Ltd. Le vendite internazionali sono gestite da Alliance Media Partner International.
(Tradotto dall'inglese)
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