Recensione: Mary Anning
- Per il suo primo lungometraggio, il regista d’animazione svizzero Marcel Barelli ritrae un personaggio tanto interessante quanto misterioso, la paleontologa Mary Anning

Presentato in prima mondiale nella sezione Annecy présente del Festival del film d’animazione di Annecy, Mary Anning [+leggi anche:
intervista: Marcel Barelli
scheda film], il primo lungometraggio del regista svizzero d’origine ticinese Marcel Barelli ci trasporta in Inghilterra, a inizio 800, lì dove vive una ragazzina assolutamente fuori dal comune. Il suo nome è Mary Anning e il suo dono è quello di scovare fossili che solo lei riesce a vedere, non con gli occhi ma con il cuore. Ad aver stimolato questa sua passione divorante è suo padre, anche lui appassionato di fossili, che, senza curarsi degli stereotipi di genere che contraddistinguevano la sua epoca imponendo alle bambine di essere docili e obbedienti, l’ha sempre portata con se sulle spiagge inzuppate di pioggia, fra le scogliere maestose del Dorset.
Dodicenne curiosa e risoluta, Mary trascorre le sue giornate con il suo migliore amico, il cane Tray, fra noiose lezioni impartite da un maestro intriso di fervore religioso e momenti di libertà marcati dalla ricerca di fossili. Questo, fino a quando suo padre muore tragicamente durante una tempesta. Privata del suo più grande sostegno, la vita della protagonista cambia completamente. Non solo le sue avventure sulle scogliere sono ora viste negativamente da sua madre, ma la sua intera vita rischia di cadere a pezzi. Rimasta sola a doversi occupare dei figli, la mamma di Mary si trova infatti in grandi difficoltà finanziarie e decide suo malgrado di traslocare con tutta la famiglia in città dove le prospettive di lavoro sono migliori. L’unica speranza alla quale Mary può aggrapparsi per racimolare il denaro sufficiente per aiutare sua mamma e non doversi quindi separare dalle sue amate scogliere, è un misterioso disegno che suo padre gli ha lasciato poco prima di morire. È proprio cercando di risolvere l’enigma rappresentato da questo disegno che la vita della protagonista cambia arricchendosi di nuove importanti amicizie, di una famiglia scelta all’interno della quale potersi sentire davvero viva.
Realizzato in animazione 2D, il film si basa sulla storia vera di Mary Anning, paleontologa autodidatta britannica che con il suo lavoro ha contribuito a far cambiare la mentalità del mondo delle scienze rispetto alla storia dell’umanità. Figura importantissima seppur poco conosciuta dal grande pubblico, Mary Anning è stata una donna straordinaria che ha già inspirato film come Ammonite [+leggi anche:
recensione
trailer
scheda film]. Pensato come un film per i bambini, Mary Anning si focalizza allora sull’infanzia, per molti versi difficile, della paleontologa britannica. Accompagnato da una colonna sonora (Shyle Zelewski) tanto anacronistica quanto poetica che ricorda l’universo deliziosamente impacciato di certi film indipendenti americani, il primo lungometraggio di Barelli si ribella con forza contro un sessismo e un determinismo sociale che continuano a soffocare molte (troppe) voci.
Con semplicità e delicatezza, il regista si concentra sui volti dei suoi personaggi, sulle espressioni quasi impercettibili che li abitano ma che non osano manifestarsi. Quello che questi volti rivelano sono personalità tempestose che non si possono più tenere a bada e che sfidano convenzioni sociali ancora oggi presenti. Tutto, gli umani come i vegetali e gli animali (sempre presenti nei film di Barelli) partecipano alla costruzione di un mondo utopico capitanato da una Mary Anning che ci tocca nel profondo. Creato per i bambini, il film permette anche ai più grandi di sognare ritrovando quella parte di libertà e di rivolta che la società cerca di strappargli una volta diventati adulti. Mary Anning è un film delicato e poetico che sa imporsi senza dover gridare e questo è indubbiamente un grande pregio.
Mary Anning è prodotto da Nadasdy Film, RSI Radiotelevisione svizzera, La Boîte… Productions e Versus Production. È venduto all’internazionale da Be For Films.
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