Recensione: A Second Life
di Olivia Popp
- Il terzo lungometraggio di Laurent Slama racconta un bellissimo incontro platonico tra un americano dallo spirito libero e una parigina introversa durante le Olimpiadi di Parigi

"Quando c'è un fiume, prendi una barca", dice Elijah (Alex Lawther), un uomo statunitense dallo spirito libero specializzato in ipnosi, arrivato alle Olimpiadi di Parigi 2024 per preparare gli atleti. Con questo slogan, si tuffa a capofitto nella vita della giovane donna stressata e frustrata Elisabeth (Agathe Rousselle di Titane [+leggi anche:
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scheda film]), un'esperta di tecnologia autodidatta e ipoudente, con passaporto statunitense ma che ha vissuto in tutto il mondo e che ora considera Parigi casa. Diretto, prodotto, co-sceneggiato (con Thomas Keumurian) e con la fotografia di Laurent Slama, A Second Life, un breve film di 77 minuti, è stato presentato in anteprima mondiale al concorso International Narrative di Tribeca. In esso, l'intersezione delle vite di Elijah ed Elisabeth genera qualcosa di organico e bello, dopo che i loro atteggiamenti dicotomici mettono reciprocamente in discussione le rispettive visioni del mondo.
Questo è il terzo lungometraggio di Slama, dopo averne realizzati due con lo pseudonimo di Elisabeth Vogler, che è sia un omaggio al personaggio di Persona di Ingmar Bergman, sia il nome completo della protagonista di A Second Life. Grazie alle sue affinità tematiche, il film potrebbe essere facilmente abbinato a Le Rendez-vous de l'été [+leggi anche:
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scheda film], anch'esso ambientato durante le Olimpiadi di Parigi e con un'atmosfera altrettanto commovente e spensierata; entrambi puntano non solo a romanticizzare la città, ma anche a bilanciare la realtà del caos urbano con la bellezza che si può trovare nei suoi angoli più intimi.
Elisabeth lavora in un'agenzia di noleggio per turisti e si aggrappa a questo lavoro impegnativo che le serve per prolungare il suo visto, lottando contro clienti esigenti e sconsiderati. Elijah cerca di conquistarla con il suo atteggiamento allegro e l'aiuto dei suoi due nuovi amici (Suzy Bemba e Jonas Bachan), cosa che inizialmente la ragazza non accetta. Ma quando perde i suoi apparecchi acustici in mezzo alla folla, è costretta a lasciarsi andare per un momento, per poi essere riportata nella sua testa qualche tempo dopo. A volte, senza gli apparecchi acustici di Elisabeth, sentiamo il mondo circostante pesantemente ovattato, il che esalta la vivacità del resto del sound design e della musica orchestrale di Jean-Charles Bastion che risuona in sottofondo per tutto il film.
A Second Life trasmette una gioiosa spontaneità narrativa, in cui i personaggi devono cavalcare l'onda dell'inaspettato. La macchina da presa di Slama, invece, è straordinariamente a fuoco: spicca la fotografia del cineasta, dove l'ambiente parigino si distorce ai confini della realtà di Elisabeth, come se tutto ciò che non è alla sua portata stesse scivolando via. Con un obiettivo che vaga dolcemente, il poliedrico esercita la sua impressionante sensibilità pittorica, che riecheggia nella rappresentazione delle Ninfee di Monet lungo tutto il film. Aumenta la saturazione in questa realtà semi-aumentata, lasciando che la macchina da presa si immerga nelle luci della città e in tutti i suoi colori: il verde acqua dei treni della metropolitana, il blu brillante dei cartelloni elettronici delle Olimpiadi, il verde degli alberi e il bagliore arancione del tramonto.
La brevità del film è anche la sua forza: forse Elisabeth ed Elijah cercano entrambi le stesse cose, solo in modi diversi, e quell’incontro effimero è il catalizzatore di cui hanno bisogno per iniziare una nuova vita.
A Second Life è una produzione francese guidata da 21juin Cinéma, ed è coprodotta da RnB! Films e Loulou Films. Le vendite internazionali sono gestite dall'agenzia con sede a Parigi MMM Film Sales.
(Tradotto dall'inglese)
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