Bio to B si domanda quale (e dove) sia il pubblico dei documentari
- Agli Industry Days del Biografilm Festival di Bologna, produttori e distributori si sono confrontati nel panel “Brand-new docs: The audience is there… maybe”

Qual è il pubblico dei documentari e dove trovarlo? A questa domanda ha cercato di rispondere il panel intitolato “Brand-new docs: The audience is there… maybe”, svoltosi l’8 giugno durante Bio to B - Industry Days nell’ambito del Biografilm Festival di Bologna.
Fabio Mancini, Commissioning Editor & Producer di RAI Documentari, ha raccontato la sua esperienza nel settore del servizio pubblico a cui è stata attribuita nel 2020 una Direzione ad hoc, molto attesa dai produttori indipendenti e dai broadcaster internazionali. Un trampolino della produzione documentaria “che ci aiuta a riconoscere e rispettare le varie anime di un oggetto audiovisivo, con tutte le sue differenze. In cinque anni abbiamo provato tante strade diverse, da quelle più classiche e riconoscibili, ad altre occasioni in cui abbiamo spinto un po’ più avanti la ricerca. Nel 2024 abbiamo avuto interlocuzioni e finalizzato produzione con piu di 60 soggetti diversi. Non c’è nessun tipo di preclusione rispetto al mondo produttivo documentario. Abbiamo lavorato anche con esordienti assoluti. Penso che questa pluralità di interlocuzioni faccia bene a tutti. RAI Documentari è un termometro molto importante per capire che lavoro fare con diversi tipi di pubblico”.
Mancini cita un esempio, il doc Pooh - Un attimo ancora, sullo storico gruppo pop italiano, diretto da Nicola Conversa e prodotto da One More Pictures con Toed Film in collaborazione con Tamata e con Rai Documentari. Altro esempio Nino, scritto e diretto da Walter Fasano, dedicato all’universo artistico del maestro Nino Rota, l’autore delle musiche de Il Gattopardo e Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti e naturalmente dei film di Federico Fellini (La Dolce Vita, 8 ½ e tanti altri) e primo italiano a vincere il Premio Oscar per la Miglior Colonna Sonora, per Il Padrino Parte II. “Assistiamo ad una crescita che fa parte di un progetto che si relaziona con il pubblico. Un prodotto diverso che ora il pubblico dei doc puo capire e fruire. C’è gran parte della Storia del nostro paese ma la produzione è dedicata a costruire un prodotto che vada oltre i confini italiani. L’accordo di collaborazione fatto con France Télévisions ha portato a La forza del destino alla Scala di Milano, diretto da Anissa Bonnefont e prodotto dalle società indipendenti Federation Studio e MDE Films con i due broadcaster nazonali”. Infine il rapporto con la piattaforma RaiPlay, che “sta creando un pubblico molto consapevole e curioso e non è più un semplice catch-up content dei prodotti messi in onda. I datisul documentario sono interessanti, viene cercato e visto e ha un’onda molto lunga su RaiPlay. Quindi il confronto con il digital si sta incrementando ed ci assicura anche una quota di sperimentazione che siamo pronti a produrre e seguire. È un po’ una stanza protettadove provare a fare delle cose nuove. La speranza è di arrivare entro l’anno a regolamentare una coproduzione interna che soddisfi poi sia la generalista che il digital.
Andrea Romeo, che con I Wonder ha distribuito in Italia i documentari di Werner Herzog, Patricio Guzmàn, Laura Poitras e Joshua Oppenheimer, afferma che lo scenario è cambiato. “La sensazione è che anni fa si sia perso un giro, la possibilità di creare una relazione con il pubblico, e che il mondo del documentario che qui 15-20 anni fa aveva una subito una accelerazione e si era dotato di una certa ambizione, sia poi stato frustrato da tanti fattori. Nell’ultimo anno non si sono visti molto documentari in sala in Italia. Per fare un esempio, Fabio Mancini è arrivato a RAI Documentari appena in tempo per impedire che Bella ciao [+leggi anche:
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intervista: Giulia Giapponesi
scheda film] di Giulia Giapponesi fosse ‘ucciso’. Non siamo riusciti nel nostro intento. Oggi i produttori spendono la maggior parte del loro tempo a cercare finanziamenti anziché dedicarsi maggiormente all’archivio, alle riprese, al cast, all’approfondimento, al marketing, ad esprimersi come autori e creare un dialogo con il pubblico. C’è una mancanza di investimenti da parte del soggetto pubblico. Non si può gettare tutta la colpa sulla RAI, quando le altre tv non vogliono investire “a perdere”. In altri Paesi la situazione è più tutelata e si investe al servizio della civiltà e della cultura. C’è stato un congelamento del settore, dopo i grandi investimenti iniziali da parte di Netflix, che ha spostato la fruizione della sala, che stava funzionando, a quella su piattaforma, e poi l’arrivo di tutti gli altri, Disney +, Amazon etc., per cui ci sono stati dei finanziamenti per un periodo, tutto sembrava essere partito bene e poi in qualche modo in queste grandi corporation il doc era gestito come unscripted, come LOL [+leggi anche:
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scheda film]. I direttori di produzione si trovano a confrontano i numeri degli spettatori del doc con LOL, che non sono gli stessi, la property non è la stessa. La nostra piattaforma IWonderFull [lanciata nel 2021] e Top Doc [canale che fa parte del bouquet Prime Video Channel, presentato nel 2023] ci danno la possibilità di continuare a portare al pubblico doc a livello internazionale, come Orwell: 2+2=5”.
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