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LOCARNO 2025 Concorso

Recensione: Mare’s Nest

di 

- Ben Rivers firma un’ode alla spensieratezza e all’incoscienza dell’infanzia, un ritratto poetico e misterioso di personaggi che danzano verso una meta sconosciuta

Recensione: Mare’s Nest

Un anno dopo aver presentato al Locarno Film Festival Bogancloch [+leggi anche:
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, ritratto struggente di un eremita scozzese, il regista britannico Ben Rivers ritorna alla kermesse svizzera con Mare’s Nest [+leggi anche:
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, selezionato anche in concorso. Misterioso e cinematograficamente potente, il suo ultimo lungometraggio propone al pubblico di sognare un mondo utopico nel dove a dettare legge sono dei bambini, giovani protagonisti di una narrazione sulla quale hanno il controllo totale. Privo di adulti, il mondo nel quale vivono i giovani protagonisti del film è (apparentemente) incontaminato, libero e selvaggio, sorta di locus amoenus dove sperimentare modi alternatici di stare al mondo. Malgrado le atmosfere quasi paradisiache, si percepisce però che il pericolo è dietro l’angolo e che tutto, improvvisamente, potrebbe cambiare.

Moon (Moon Guo Barker), la protagonista del film, vaga in un misterioso mondo dominato da bambini che vivono in totale autonomia rispetto agli adulti. In una capanna di montagna, Moon incontra due misteriosi personaggi che le parlano dei segreti dell’universo: una studiosa, sorta di saggia veggente che si esprime con frasi sibilline, e la sua interprete. Durante il suo viaggio-pellegrinaggio fa anche la conoscenza di altri bambini che cantano, recitano o danzano per lei mostrandole nuovi modi di stare al mondo, di interagire non solo tra umani ma anche con gli animali e la natura circostante. Sebbene Moon stia bene con loro, il suo viaggio prosegue però inesorabilmente verso un futuro sconosciuto che accoglie con un immenso sorriso.

È proprio questo sorriso, regalato al pubblico alla fine del film, a marcare a fuoco un’opera inclassificabile che si avvale del cinema sperimentale, del documentario ma anche delle favole per raccontare un’utopia nella quale sono i bambini a decidere come sarà il mondo di domani. Basato sull’opera teatrale in un atto The Word for Snow di Don DeLillo, Mare’s Nest è un saggio poetico nel quale le ansie e le paure della nostra epoca, soprattutto quelle legate alle questioni climatiche, sono filtrate attraverso lo sguardo deliziosamente giocoso e spensierato dei bambini.

Come affermato dal regista stesso, l’idea del film nasce da un “crescente senso di terrore” per il mondo che le generazioni future erediteranno. Questa riflessione dai toni apocalittici ha spinto il regista ad immaginare un mondo nel quale Moon, la sua giovane protagonista, potesse sognare una fine differente, nel quale imporre una narrazione alternativa rispetto a quella che gli adulti si stanno intestardendo a scrivere.

Road movie lisergico, al contempo meraviglioso e inquietante che ricorda film di Pasolini quali Edipo re o Medea, Mare’s Nest si sviluppa attraverso una narrazione a più livelli, sorta di matriosca che svela strato dopo strato la propria natura. Come per i suoi film precedenti, Ben Rivers ci propone di seguire e osservare dei personaggi che hanno scelto di allontanarsi dalla società, di togliere quella maschera sociale che tutti e tutte siamo costretti e costrette a indossare. In questo senso, Mare’s Nest rappresenta un punto di partenza, un campo da gioca dove far incontrare e scontrare narrazioni oblique, in qualche modo volutamente sghembe e portatrici di modelli alternativi.

Mare’s Nest è prodotto da Urth Productions e 4A4 Productions in coproduzione con La Bête, Le Fresnoy - Studio national des arts contemporains e GreenGround Productions (Canada). Rediance (Cina) si occupa delle vendite all’internazionale.

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