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LOCARNO 2025 Fuori concorso

Recensione: E

di 

- Con il suo terzo lungometraggio, la provocatoria regista finlandese Anna Eriksson ci trasporta nel Deserto del Reale, una sorta di metaverso delirante popolato da anime perse

Recensione: E

Tre anni dopo il suo deliziosamente disturbato secondo lungometraggio W [+leggi anche:
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, la regista, cantante e compositrice finlandese Anna Eriksson torna al Locarno Film Festival dove presenta fuori concorso E [+leggi anche:
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, una favola distopica ambientata nel Deserto del Reale dove vagano, apparentemente senza meta, misteriosi personaggi che scopriamo essere i doppelgänger malefici di persone esistenti del “mondo reale”. Assurdi, oscuri e terrificanti ma anche terribilmente intriganti, gli universi ritratti da Anna Eriksson si presentano come alternative ad un quotidiano iper-regolamentato che lascia ben poco spazio all’espressione genuina di sentimenti che la società considera come negativi.

E, terza parte della sua trilogia filmica iniziata da M [+leggi anche:
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, ha come protagonista Eva Vogler, ex Prima ministra finlandese che durante la cerimonia di consegna dei Premi Nobel crea un vero e proprio scandalo denudandosi senza vergogna davanti a tutti i presenti. Grazie ai messaggi lasciati sulla sua segreteria telefonica scopriamo che subito dopo il fattaccio Eva è scomparsa dalla circolazione senza spiegare il suo gesto. Ma dov’è finita Eva? E soprattutto, perché ha agito in modo tanto sconsiderato? Sebbene il film non ci permetta di rispondere in modo univoco a queste domande, ci rendiamo ben presto conto che il luogo in cui si trova non è la realtà. Vagante sulle dune sinuose di un deserto da cartolina, la protagonista del film è infatti prigioniera di un metaverso popolato da personaggi al contempo assurdi e di un’eleganza mozzafiato. Da qui l’ipotesi che colei che si è denudata in occasione della cerimonia dei Premi Nobel non sia l’ex Prima ministra finlandese ma la sua doppelgänger che con questo gesto voleva distruggere la sua immagine sociale e la sua carriera. Sarcastici, scandalosi e incuranti di qualsiasi regola, i personaggi che attorniano Eva nel Deserto del Reale rappresentano la parte malefica che vive nelle persone che hanno clonato.

Sorta di luogo dantesco che potrebbe essere stato creato da HR Giger, l’universo messo in scena dalla regista attira tanto quanto spaventa come un gas tossico che ci intestardiamo a respirare pur sapendo che ci ucciderà lentamente, senza lasciare traccia. La coreografia di corpi e voci alla quale assistiamo sembra nutrirsi di innumerevoli riferimenti al mondo reale stravolgendole in modo quasi grottesco: la poesie di Pasolini, l’eleganza di Jane Campion in Lezioni di piano ma anche la forza provocante di Fever Ray.

Se nel mondo reale tutti si attivano per ritrovare Eva Vogler e insabbiare lo scandalo provocato dal suo gesto plateale, nel Deserto del Reale nessuno se ne cura minimamente. Quello che è certo è che nessuno si è posto la domanda di sapere se Eva voglia davvero essere perdonata. Sempre più attraente, sempre più organico, sempre più tentacolare, il Deserto del Reale la tiene prigioniera di un incubo che la culla e inghiotte. "Sono quella che hai venduto e dimenticato, il tuo fantasma, la tua caricatura, quella che sopravvivrà a questo deserto, all'orgia dei doppi" recita come una litania la sua doppelgänger alla fine del film come a ricordarle che nulla e nessuno potrà mai cancellare il suo lato malefico, il suo egocentrismo soffocato, la sua liberatoria istintività.

E è un film oscuro e affascinante che va assaporato a piccoli sorsi lasciandosi inebriare dalla sua stranezza senza paura di perdersi. In fondo, come recita uno dei personaggi: “attraversiamo tutti il nostro proprio deserto”.

E è prodotto da Ihode Cursum Perficio Production.

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