Recensione: Mektoub, My Love: Canto Due
- Il terzo capitolo della saga di Abdellatif Kechiche continua la sua esplorazione sulla giovinezza e il desiderio, dando più spazio all’autonomia delle donne piuttosto che alla loro oggettivazione

L’ultimo capitolo della saga Mektoub, My Love di Abdellatif Kechiche, Canto Due, è stato presentato in anteprima in concorso al Locarno Film Festival. Il regista franco-tunisino ha iniziato la serie nel 2017 con Mektoub, My Love: Canto Uno [+leggi anche:
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scheda film], al Festival di Venezia, seguito da Mektoub, My Love: Intermezzo [+leggi anche:
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scheda film], presentato a Cannes nel 2019 ma ancora inedito e al centro di polemiche. Canto Due prosegue nella torrida estate del 1994 a Sète, seguendo ancora una volta il giovane protagonista Amin (Shaïn Boumedine) e la sua cerchia di familiari e amici.
Mektoub, My Love: Canto Due si apre con una lunga scena in cui una coppia americana arriva al ristorante gestito dalla madre del cugino di Amin, Tony (Salim Kechiouche). Nonostante l’orario di chiusura, Jessica (Jessica Pennington) insiste per essere servita del couscous, vantando il suo status di cliente abituale. Ciò che all’inizio sembra una semplice ostentazione di privilegi si rivela presto essere la realtà di Jessica, un’attrice televisiva in visita da Los Angeles con il marito più anziano e produttore Jack Patterson (Andre Jacobs). Anche se Jack mantiene un atteggiamento più cordiale verso il proprietario, il gestore è comunque costretto a contattare personalmente il personale di un club vicino per preparare il piatto richiesto. Nel corso della scena, gran parte della famiglia di Tony si raccoglie gradualmente attorno al tavolo di Jessica e Jack. Il momento sfiora la caricatura nella sua rappresentazione dei privilegi di “Hollywood”, culminando nella trattativa in cui Jack accetta di leggere l’ultima sceneggiatura di Amin, Essential Principles of Universal Existence.
Amin ha lasciato la facoltà di medicina a Parigi per seguire la sua passione per la fotografia e la sceneggiatura. In Canto Due è lui il fulcro di due trame intrecciate. La prima riguarda una coppia americana: il loro soggiorno in una villa di lusso diventa lo scenario sia dell’inizio della promettente carriera hollywoodiana di Amin sia della sua improvvisa caduta. La seconda si concentra su Ophélie (Ophélie Bau), che si prende cura degli agnelli in una piccola fattoria di famiglia. Amin la aiuta a prepararsi per il viaggio a Parigi, dove dovrà abortire dopo essere rimasta incinta di suo cugino Tony, nonostante sia nel pieno dei preparativi per il matrimonio con Clément, un soldato residente all’estero.
Amin si muove tra i due filoni narrativi, oscillando tra la vita operaia della sua famiglia e un incontro ravvicinato con il mondo dei ricchi. Ogni filone si concentra su un personaggio femminile: la trama rurale ruota attorno a Ophélie, il cui legame forte ma platonico con Amin persiste nonostante la sua relazione con Tony e Clément; l’altra segue Jessica, che sceglie di opporsi alle aspettative altrui. Canto Due dà spazio all’azione femminile, mostrando entrambi i personaggi che sfidano le convenzioni in un ambiente dominato dagli uomini, sebbene a modo loro; nel caso di Jessica, questo possa apparire talvolta un po’ sopra le righe.
Il film prosegue nello stile di Canto Uno, con la maggior parte delle scene costruite su lunghe sequenze di dialoghi, fino a un atto finale più dinamico, in cui l’atmosfera estiva lascia il posto a toni più drammatici. Sebbene molte conversazioni si svolgano in tempo reale, i 134 minuti del film scorrono relativamente concisi. Tuttavia, Canto Due sembra soprattutto un intermezzo: nonostante l’evoluzione dei personaggi, la trama complessiva della saga avanza poco.
Canto Due mostra un ridotto predominio dello sguardo maschile e una minore oggettificazione rispetto ai film precedenti. Il film include una sola scena di sesso, girata con maggiore moderazione rispetto al controverso Intermezzo. Per questo, risulta relativamente sobrio nelle immagini provocatorie, spostando la saga verso toni più comici, come nel comportamento di Jessica nella ricerca di attenzione.
Come nei capitoli precedenti, Canto Due privilegia l’osservazione delle dinamiche dei personaggi nel tempo più che la progressione narrativa. Kechiche continua a soffermarsi su interazioni sociali prolungate, confondendo spesso il confine tra dettagli incidentali e scopo drammatico. Nel contesto più ampio della saga, il film mantiene un ruolo transitorio, suggerendo che nemmeno Canto Tre e Canto Quattro saranno sufficienti a chiudere l’estate a Sète.
(Tradotto dall'inglese)
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