Recensione: Solomamma
- Il secondo lungometraggio di Janicke Askevold racconta una maternità alternativa che abbatte le regole di una società patriarcale che vorrebbe controllare ogni cosa

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intervista: Janicke Askevold
scheda film] della regista norvegese Janicke Askevold ci propone di riflettere sul concetto di famiglia al di là degli stereotipi, in modo più fluido e inclusivo. Cosa significa essere una mamma single? Come far fronte alle critiche di una società patriarcale che continua a giudicare scelte che escono dalla norma? Con Solomamma Janicke Askevold affronta queste questioni spinose con coraggio, regalando al pubblico un ritratto al contempo toccante e incisivo di una donna che ha deciso di seguire la sua strada senza voltarsi indietro. Che si tratti di genitorialità alternativa, di care ma anche di ricerca di un’identità che si scosti dagli stereotipi, il secondo film della regista norvegese ci permette di sognare un mondo diverso nel quale il concetto di famiglia non ha più niente a che vedere con la biologia e i legami di sangue ma piuttosto con l’amore e il rispetto.
Edith è una giornalista d’investigazione e una madre single che impara, spesso a sue spese, cosa significa veramente sostenere una famiglia monogenitoriale. Senza aver chiesto nulla, la sua amica Trine, che ha concepito suo figlio con lo stesso donatore di sperma, le svela la vera identità di questo misterioso uomo dell’ombra. Con la scusa di intervistarlo sulla sua attività nel campo del gaming, Edith lo incontra sperando di capire meglio suo figlio e le sue piccole grandi manie. La situazione le sfugge però di mano e poco a poco i loro incontri si trasformano in un legame cha va ben al di là di quello professionale. Angosciata ma anche incuriosita dalla situazione, Edith sembra imprigionata in un mare di menzogne che rischia di mettere in pericolo il suo fragile quotidiano. Confrontata con il degradarsi della salute di sua madre sulla quale contava per crescere suo figlio, la protagonista capirà che nulla è facile come sembra e che la forza che cerca la può trovare solo dentro di sé.
Solomamma esplora la monogenitorialità attraverso gli occhi della sua protagonista, magnificamente interpretata da Lisa Loven Kongsli, una donna che cerca delle risposte a domande che, con il passare del tempo, diventano più grandi di lei. Attanagliata da responsabilità sempre più grandi e da un profondo bisogno di libertà rispetto ad un modello sociale tradizionale al quale non vuole aderire, Edith lotta per rimanere a galla. Solomamma è un viaggio personale ma anche universale di una donna che vuole semplicemente vivere la propria vita come la sente, seguendo i propri desideri più che le regole.
Il legame che la unisce a suo figlio ci fa capire quanto il senso di appartenenza vada al di là del biologico, quanto il concetto di famiglia debba essere interpretato in modo inclusivo e fluido. Edith ci mostra la strada verso strutture famigliari più ampie e aperte, sorta di tribù nelle quali quello che conta è il rispetto e la tenerezza più che l’adesione a norme create solo per mantenere un ordine patriarcale che non accetta concorrenza.
Esteticamente eleggente e austero (nel senso positivo del termine) ma anche intriso di un rigenerante umorismo, Solomamma ci racconta con coraggio cosa significa lottare per imporre scelte alternative, per restare coerenti con i propri valori malgrado i commenti e i giudizi di quanti preferiscono seguire ciecamente le regole.
Solomamma è prodotto da Bacon Pictures Oslo and Bacon Pictures Copenhagen in coproduzione con Mistrus Media, Dansu e It's Alive Films. Playtime si occupa delle vendite all’internazionale.
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