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LOCARNO 2025 Cineasti del presente

Recensione: Gioia mia

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- Per il suo film d’esordio, Margherita Spampinato parte dal tema del divario generazionale, esplorandone le varie sfumature

Recensione: Gioia mia

I film a volte ci fanno sperare che impareremo la lezione, supereremo le nostre differenze e uniremo il mondo. Questa sembra essere la missione dell'opera prima di Margherita Spampinato Gioia mia [+leggi anche:
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scheda film
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, presentata in anteprima al concorso Cineasti del Presente di Locarno.

Nico (Marco Fiore) è alle soglie della pubertà e fatica ancora ad accettare la separazione dalla sua amata babysitter Violetta (Camille Dugay, in una breve apparizione), che lascia il lavoro per sposarsi. Poiché la scuola è chiusa per l'estate, Nico viene mandato da Milano dalla prozia Gela (la veterana Aurora Quattrocchi) in Sicilia. Per Nico, tuttavia, il cambiamento di ambiente non è così difficile come il cambiamento del tempo, dal momento che i due provengono da secoli diversi e quindi hanno stili di vita differenti, quasi incompatibili.

Gela è religiosa e le piace vedersi con le vicine, mentre le uniche passioni di Nico sembrano essere coltivare la maliconia per Violetta e i videogiochi sul cellulare. Gela cucina cibi tradizionali, ma Nico vuole qualcosa di più "normale". Lei insiste sull'ordine in casa e sul rispetto della routine, mentre lui è abituato a essere lasciato solo e a prendersi cura di sé.

Il primo incontro di Nico con i bambini del quartiere, che vivono con le loro nonne nello stesso edificio, si risolve in un imbarazzo per lui. Con il tempo, però, Nico e Gela iniziano a colmare le loro differenze e, grazie al legame che si crea con l'unica ragazza del quartiere, Rosa (Martina Ziami), viene accettato nella banda dei ragazzi. Ma cosa succederà quando verranno a galla alcuni segreti accuratamente custoditi e certe bugie?

Grazie alle ottime interpretazioni di giovani attori non alla prima interpretazione, con l'aiuto della sempre bravissima Aurora Quattrocchi, e ad alcune interessanti scelte artistiche, come i contrasti di luce in chiaroscuro della macchina da presa a mano di Claudio Cofrancesco, Gioia mia è un'opera dolce e calda, che raggiunge un certo livello di intimità e accoglienza. Ci si chiede però se la struttura in tre atti, così come la musica, che inizia in modo teso ma presto smorza la tensione, finiscano per rendere il film troppo prevedibile. Inoltre, se da un lato alcune esagerazioni nelle differenze tra Nico e Gela sono chiaramente giocate per far ridere, dall'altro creano un tono troppo ingenuo per essere raccolte al volo.

In definitiva, il mondo che la Spampinato ha creato con Gioia mia è troppo improbabile nella realtà odierna e sembra più un ricordo diffuso della sua infanzia, piuttosto che una rappresentazione veritiera della frattura tra le generazioni di oggi. Il punto di vista dell'autrice non è esattamente nuovo, ma è ben saldo, sia che ci si schieri con il punto di vista dell'uno o dell'altro protagonista: la tecnologia non può sostituire il contatto umano, così come il tempo non può essere congelato per rimpianto o tristezza, quindi questo divario tra giovani e anziani dovrebbe essere superato attraverso il compromesso e gli sforzi comuni. Bisogna anche tenere presente che la generazione di mezzo, che dovrebbe fungere da mediatrice, è completamente esclusa dal film, e probabilmente per una buona ragione. In definitiva, però, Gioia mia rivela che un film realizzato partendo dal modello classico dei contrasti tra bambini e adulti può offrire molti più strati di riflessione di quanto pensiamo.

Gioia mia è una produzione italiana di Yagi Media. Fandango si occupa delle vendite.

(Tradotto dall'inglese)

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