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LOCARNO 2025 Fuori Concorso

Recensione: Exile

di 

- Il film di Mehdi Hmili è un racconto di vendetta dall’atmosfera intensa e dal ritmo dilatato, che finisce per diventare forse involontariamente una riflessione sulla crisi della mascolinità

Recensione: Exile

Elegante e splendidamente girato nei toni del seppia con un pizzico di arancione ruggine, Exile è il secondo film del regista tunisino Mehdi Hmili selezionato al Festival di Locarno. Il suo film precedente, Streams [+leggi anche:
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intervista: Mehdi Hmili
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, aveva debuttato nel 2021 nella sezione Cineasti del Presente ed era sia un'ode all'amore materno incrollabile che un ritratto della gioventù tormentata nella Tunisia urbana. In Exile, proiettato fuori concorso, Hmili cambia tono, stile e ambientazione, mettendo alla prova le sue capacità registiche e rendendo omaggio alla sua evidente cinefilia. Film a combustione lenta emotivamente coinvolgente – o, dato che inizia in un'acciaieria, una lenta fusione – Exile inizia con inquadrature suggestive di un paesaggio industriale e rurale, ed è stratificato con elementi di body horror, cinema noir e film di vendetta, pur mantenendo il suo ritmo lento iniziale e una palette di colori attentamente curata. Oltre a offrire un certo piacere estetico, tuttavia, il film evoca sentimenti di malinconia, tristezza che si trasforma in rabbia e persino un disgusto viscerale.

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L'ambientazione è iper maschile: una fabbrica un po' obsoleta che impiega una squadra composta esclusivamente da uomini che lavorano sodo e fanno festa ancora più duramente nelle baracche, dove l'odore di sudore e disillusione è tangibile. Persino un'esplosione che costa la vita a uno degli operai, Adel, e provoca a Mohamed (Ghanem Zrelli) una grave ferita – un pezzo di metallo conficcato nel corpo – non scuote davvero questo mondo. Dopo un'indagine rapidamente conclusa che incolpa Adel dell'incidente, la situazione torna normale per tutti tranne che per Mohamed, che si rifiuta di credere che il suo più caro amico abbia commesso un errore fatale. Mentre prosegue la sua indagine, alla fine raggiunto dalla vedova dell'amico (Maram Ben Aziza), il corpo di Mohamed si infetta lentamente e si sfigura a causa della ruggine, e lui diventa sempre più ossessionato dalla vendetta, diventando sempre più brutale, come se questo decadimento fisico stesse consumando non solo il suo corpo, ma anche la sua mente e il suo cuore.

Questo decadimento e il cambiamento di genere – il protagonista che si trasforma in un detective in stile noir con una femme fatale al suo fianco – funzionano a meraviglia come metafora di una mascolinità in crisi. I ruoli tradizionalmente attribuiti agli uomini – operaio, detective, giustiziere, capo – sono compromessi e dovrebbero essere gettati nella pattumiera della storia insieme alla ruggine che si è impadronita del corpo di Mohamed. Hmili riserva l'ultimo tassello del puzzle, un elemento che rafforza ulteriormente questa lettura della crisi della mascolinità, per la fine del film.

Questa interpretazione è ulteriormente sottolineata da una rappresentazione purtroppo unidimensionale dei personaggi femminili come meri ornamenti, corpi da usare o dipendenti da figure maschili. Sebbene tale caratterizzazione sia in linea con le convenzioni di genere, il film perde l'opportunità di piegare e riscrivere queste regole. Inoltre, la rappresentazione degli antagonisti e lo scontro finale creano un leggero imbarazzo, come se – per restare alla metafora della fabbrica d’acciaio – la temperatura del processo di fusione del genere fosse semplicemente troppo bassa, lasciando spigoli vivi in ​​una struttura altrimenti meticolosa ed esteticamente accattivante.

Hmili, con l'encomiabile impegno della sua troupe – composta principalmente dal direttore della fotografia Farouk Laaridh, dal sound designer Ismail Abdelghafar e dalla compositrice musicale Amélie Legrand – ha creato una ballata audiovisiva ambientata in un mondo stantio e obsoleto. Eppure, sembra che il regista stesso non sappia se allungare il braccio per dire addio a questo mondo o per afferrarlo prima che precipiti nell'abisso.

Exile è una coproduzione tra Tunisia, Lussemburgo, Francia, Qatar e Arabia Saudita. I produttori sono Yol Film House, Tarantula Luxembourg e Volte Film, coproducono Doha Film Institute e Red Sea Film Festival Foundation.

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(Tradotto dall'inglese)

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