Recensione: Yakushima’s Illusion
- Naomi Kawase fa coabitare due questioni spinose per la società nipponica: il trapianto di organi e le decine di migliaia di persone che ogni anno scompaiono misteriosamente

Cinque anni dopo il suo ultimo lungometraggio True Mothers, la regista giapponese Naomi Kawase torna dietro la cinepresa per indagare ancora una volta la società nipponica, i suoi tabu e i suoi paradossi. Presentato in prima mondiale in concorso al Locarno Film Festival, Yakushima’s Illusion racconta la storia di Corry (medico psichiatra interpretato da Vicky Krieps), che vive a Kobe dove si occupa di bambini in attesa di un trapianto cardiaco. Al suo fianco c’è Jim (interpretato dal promettente attore giapponese Kanichiro), aspirante fotografo dallo spirito libero che ha incontrato durante un’escursione appena arrivata in Giappone e che, successivamente, scomparirà improvvisamente senza lasciare traccia.
Sin dall’inizio del film, il personaggio di Corry è piuttosto enigmatico e di lei sappiamo molto poco. Le informazioni che la regista ci fornisce sono che si tratta di una donna originaria di Parigi che vive a Kobe e che lavora come medico pediatra. È solo più tardi, grazie ad informazioni sapientemente distillate attraverso flashbacks che ci riportano indietro di tre anni, che scopriamo da dove viene quell’aurea di tristezza che sembra accompagnarla. È infatti alla morte del padre, rimasto vedovo alla nascita di Corry, che quest’ultima decide di lasciare la Francia per vivere un’esperienza lavorativa in Giappone. Sebbene la protagonista del film si metta in coppia con Jim, aspirante fotografo dallo spirito libero e avventuriero che sopporta male la routine della sua vita, la solitudine che la abita non sembra mai abbandonarla come se facesse intimamente parte di lei. La scomparsa improvvisa di Jim non fa che rinforzare questo sentimento d’urgenza e di fugacità trasformando il film in una riflessione sul nostro desiderio profondo di stabilità.
È proprio la questione della fugacità della vita che lega la scomparsa di Jim, trasformatosi in uno degli innumerevoli “Johatsu”, le persone che ogni anno svaniscono in Giappone, ai trapianti di cuore di cui si occupa Corry. In ambedue i casi è infatti la famiglia a decidere se le persone coinvolte, gli scomparsi e coloro che aspettano un nuovo cuore, possono o meno essere dichiarate morte. Il film ci insegna quanto i concetti di vita e di morte siano legati alla percezione che ne abbiamo, alla cultura alla quale apparteniamo. È la morte celebrale a determinare la fine di una vita oppure il battito del cuore? Questa è la prima domanda alla quale ogni famiglia deve rispondere. Se in occidente il trapianto di organi è considerato positivamente, come qualcosa di necessario, in Giappone è invece un tema tabu che limita in modo allarmante il numero di donazioni. L’idea che la propria vita dipenda in qualche modo dalla morte di qualcun altro crea infatti in chi necessita un trapianto un forte sentimento di colpevolezza. Grazie a Corry, al suo differente punto di vista sulla questione, alla sua pazienza e alla sua determinazione, i suoi pazienti e le loro famiglie hanno la possibilità di liberarsi dal peso della colpevolezza che li attanaglia.
Yakushima’s Illusion è un film allo stesso tempo intrigante e riflessivo che spinge gli spettatori a riconsiderare il proprio punto di vista sulla vita, su ciò che davvero conta e sulle ambizioni a volte davvero folli che parassitano il nostro quotidiano. E se, come suggerito da Corry, lo scopo della vita fosse semplicemente quello di rimanere nel cuore delle persone che amiamo?
Yakushima’s Illusion è prodotto da Cinéfrance Studios e Kumie Inc. (Giappone) e coprodotto da Tarantula (Belgio), Viktoria Productions (Lussemburgo), Pio&Co (Francia), Prod Lab (Francia) e Marignan Films (Francia). Cinéfrance International si occupa delle vendite all’internazionale.
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