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SARAJEVO 2025 Open Air

Recensione: The Pavilion

di 

- Una rivolta da parte dai residenti di una casa di cura è lo spunto per critica sociale, satira e facili risate nel ritorno di Dino Mustafić

Recensione: The Pavilion
sx-dx: Miralem Zubčević, Rade Šerbedžija, Zijah Sokolović, Meto Jovanovski e Vladimir Jurc Lali in The Pavilion

La rivoluzione a volte è necessaria e, se sì, quando? Con il suo primo film di finzione in oltre vent’anni, il bosniaco Dino Mustafić (Remake, 2003) sembra invocarla attraverso la storia satirica di alcuni ospiti di una casa di riposo che si ribellano allo staff e alla dirigenza che li maltrattano. The Pavilion [+leggi anche:
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ha inaugurato il 31mo Festival di Sarajevo.

Ambientato all’indomani di violenti eventi non meglio specificati, il film si apre con l’interrogatorio di un anziano su sedia a rotelle soprannominato Schumacher (Zijah Sokolović) da parte di un ispettore di polizia interpretato da Alban Ukaj, in un ruolo non troppo dissimile da quello avuto in Full Moon [+leggi anche:
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intervista: Nermin Hamzagić
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. Insistendo nel voler dire la verità, più che aiutare l’indagine, Schumacher rivela gli eventi che hanno portato alla tragedia.

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Gli ospiti della casa di riposo soprannominata The Pavilion sono stati abusati dal personale per anni – il riscaldamento veniva spento in pieno inverno, le loro pensioni e i loro beni venivano presi, e venivano privati dell’acqua calda, del cibo e persino di cure mediche adeguate. Come dice senza mezzi termini la direttrice (Mirjana Karanović), la struttura deve costantemente tagliare i costi – persino l’assistenza di base costa più di quanto i pazienti possano contribuire. Stufi di essere maltrattati, gli ospiti organizzano una rivoluzione guidata da Mojmir (Miralem Zupčević) sul piano politico e da Angelo (Rade Šerbedžija) su quello combattivo.

Imbracciano le armi, rovesciano il regime e prendono in ostaggio i membri del personale. Il sindaco (Ermin Bravo) deve trovare una soluzione il più in fretta possibile, dato che è un anno di elezioni e ha interessi commerciali nella casa di riposo. Opta per una soluzione pacifica mentre la squadra SWAT si prepara ad assaltare l’edificio. Sebbene gli ospiti condividano la maggior parte degli obiettivi, ovvero una nuova gestione e una vita dignitosa degna di un essere umano, le richieste massimaliste e le tattiche senza compromessi della loro leadership spianano la strada alla violenza.

Lavorando su una sceneggiatura dei celebri giornalisti Viktor Ivančić ed Emir Imamović Pirke (tratta da un racconto di Ivančić), Mustafić cerca di esaminare la necessità di una presa rivoluzionaria del potere e del cambiamento, nel bene e nel male, quando la situazione diventa insostenibile. Il cineasta ha senz’altro alcune idee interessanti, come ribaltare il concetto di colpa delle generazioni più anziane in quello delle nuove generazioni che abbandonano il sistema di solidarietà per ragioni egoistiche e di profitto, ma Mustafić in qualche modo si perde lungo il cammino nel tentativo di trovare un equilibrio tra il serio e il comico, che a volte non si sottrae a colpi bassi come il razzismo disinvolto, la gerontofobia e l'uso eccessivo di funzioni corporee per far ridere. L'uso dell'iconografia comunista sembra decisamente ingenuo.

Dal punto di vista tecnico, le musiche di Bojan Zulfikarpašić risultano sempre azzeccate, mentre il lavoro di macchina di Almir Đikoli e Mustafa Mustafić risulta più spesso traballante, invece di fluido come nelle intenzioni. Il montatore Vladimir Gojun riesce a salvare la situazione, seppur di misura, contenendo la durata e tenendo alto il ritmo.

L’asso nella manica del film dovrebbe essere il suo cast corale di interpreti della regione. Oltre ai già citati, vediamo anche Nikša Butijer, Jasna Diklić, Ksenija Pajić, Branka Petrić, Aleksandar Seksan e Meto Jovanovski nel suo ultimo ruolo. Ma con un numero così ampio di personaggi che funzionano in chiave corale o come meri dispositivi di trama, di solito non hanno tempo o spazio sufficienti per brillare a dovere, e così puntano a loro volta a facili colpi con gag e manierismi. Ciononostante, restano il punto di forza del film, soprattutto nella regione, poiché The Pavilion difficilmente potrà viaggiare lontano.

The Pavilion è una coproduzione tra Bosnia-Erzegovina, Croazia, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia, realizzata da Panglas, Cineplanet, Krug Film, Natenane Productions, Monte Royal Pictures e Realstage.

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(Tradotto dall'inglese)

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