VENEZIA 2025 Giornate degli Autori
Recensione: La Gioia
- VENEZIA 2025: Il secondo lungometraggio di Nicolangelo Gelormini è una favola nera spietata che ruota attorno all’improbabile legame tra un giovane spregiudicato e la sua ingenua insegnante

Gioia è un’insegnante di francese di mezza età, vive ancora con i suoi genitori, ma sogna il grande amore. Alessio è un ripetente al quarto anno di liceo, il suo unico obiettivo è fare soldi e la sera si traveste da donna. Per uno scherzo del destino, tra i due nasce uno strano legame in La Gioia, il secondo lungometraggio di finzione di Nicolangelo Gelormini, presentato in concorso alle 22me Giornate degli Autori della Mostra di Venezia. Il regista napoletano, alla sua seconda collaborazione con Valeria Golino dopo Fortuna [+leggi anche:
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intervista: Nicolangelo Gelormini
scheda film] (terza collaborazione se si considera che Gelormini ha anche diretto un episodio di L’arte della gioia [+leggi anche:
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scheda series], la pluripremiata miniserie guidata da Golino), cala l’attrice in panni del tutto inediti – la imbruttisce, le mette una gobba al naso e le fa indossare abiti improponibili – e fa lo stesso con Saul Nanni, che interpreta l’enigmatico Alessio; con Jasmine Trinca, che presta il volto alla madre degenere del ragazzo (Carla); e con Francesco Colella, che incarna un ripugnante amico di famiglia (Cosimo).
La sceneggiatura, firmata da Giuliano Scarpinato e Benedetta Mori in collaborazione con Chiara Tripaldi e lo stesso Gelormini, ha vinto il Premio Franco Solinas 2021 ed è tratta dall'opera teatrale Se non sporca il mio pavimento, a sua volta liberamente ispirata a un fatto di cronaca. Siamo in una provincia senza tempo, nei dintorni di Torino. Dopo essersi ferito a una caviglia e aver accettato un passaggio in macchina, Alessio si insinua nella vita di Gioia, insegnante nella sua scuola, alla quale chiede di farsi dare ripetizioni di francese. Gioia è come una bambina: fa prove di bacio sul suo braccio con Reality (la canzone de Il tempo delle mele) in sottofondo, indossa maglioni color pastello con le casette ricamate, subisce il controllo della madre Gisella (Betti Pedrazzi) su qualsiasi cosa faccia. Alessio le piomba in casa e stravolge gli equilibri, la fa ballare, le fa mettere il rossetto, ma segue anche con interesse le sue lezioni su Flaubert. Il ragazzo è commosso dall’innocenza di questa donna, lui che è abituato ad essere sfruttato (da suo “zio” Cosimo) per soddisfare i torbidi desideri di uomini maturi, ed è costretto a portare i soldi a casa alla giovane madre sciagurata, che considera Alessio il suo “capolavoro” e lo spreme come un limone.
Gioia è l’unica che si interessa a lui e al suo futuro, Alessio le dà le attenzioni che lei non ha mai ricevuto. Il loro rapporto diventa sempre più ambiguo e improbabile, lui giovane e bello, lei dimessa, repressa e molto più grande di lui. Ma entrambi, in qualche modo, hanno bisogno l’uno dell’altra. Ad Alessio, la sua seconda vita in tacchi a spillo o a disposizione di donne ricche e spregiudicate che gli regalano bei vestiti in cambio di sesso, comincia a stare stretta. Sogna di aprirsi un’attività all’estero, e Gioia ha un bel mucchietto di soldi da parte. “È tutto molto veloce, no? - Sono stata lenta tutta la vita”. Ma la prospettiva di una nuova vita dovrà scontrarsi con le catene di un’umanità marcia e corrotta.
Favola nera, con i suoi piccoli innesti surreali, La Gioia è “un’invenzione cinematografica per dare corpo al sentimento di isolamento che caratterizza il nostro presente”, specifica Gelormini. È tutto portato all’estremo: la caratterizzazione dei personaggi, i costumi che indossano (specialmente Golino), la depravazione da una parte, la purezza dall’altra. Gioia è come una Cappuccetto Rosso in mezzo a tanti lupi. E Valeria Golino sa renderla struggente come poche altre avrebbero saputo fare.
La Gioia è prodotto da HT Film, Indigo Film e Vision Distribution, in collaborazione con Sky. Le vendite internazionali e la distribuzione italiana sono affidate a Vision Distribution.
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