email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

VENEZIA 2025 Concorso

Recensione: À pied d’œuvre

di 

- VENEZIA 2025: Valérie Donzelli offre un'immersione sorprendentemente profonda nella vocazione dello scrittore, di cui Bastien Bouillon offre un'interpretazione brillante

Recensione: À pied d’œuvre
Bastien Bouillon in À pied d’œuvre

Il classico concetto del “voto di povertà” dell'artista viene aggiornato in chiave moderna per l'era della gig economy in À pied d’œuvre [+leggi anche:
trailer
intervista: Valérie Donzelli
scheda film
]
di Valérie Donzelli, un sobrio studio dei personaggi che alla fine si rivela edificante. Tratto dall'omonimo romanzo di Franck Courtés del 2023, è l'ennesimo film, visto praticamente in tutti i cinema nazionali, su uno scrittore che cerca di smantellare il proprio ego quando in realtà ne è ancora schiavo, ma lega questa dinamica eterna alle vite tecnologicamente frammentate che conduciamo oggi, governate da algoritmi onnipotenti. È stato presentato in anteprima in concorso alla Mostra di Venezia, segnando la prima apparizione al festival della regista francese vincitrice di un César.

À pied d’œuvre è un film che comprende che essere un artista non è solo una questione di lavoro creativo finale; è anche un atteggiamento di opposizione al mondo, una riluttanza a conformarsi ai modi tipici di sostenersi e trovare appagamento. Paul Marquet (Bastien Bouillon, eccellente in ogni ruolo che interpreta) rinuncia a un comodo lavoro come fotografo commerciale per il mondo più rischioso della ricerca della fama letteraria; con tre libri apprezzati ma poco venduti, al suo attivo, ha bisogno di lasciare la casa che condivideva con la sua ex moglie (Donzelli, in un breve ruolo da attrice) e di mantenersi in qualche modo. Eppure, in modo donchisciottesco, non cerca un lavoro legato alle sue riconosciute capacità creative, sia quelle attuali nella scrittura che quelle passate nella fotografia.

Quindi installa sul suo telefono un app (apparentemente inventata?) chiamata Jobbing e cerca lavori manuali occasionali, sperando che i tempi morti consentano di dedicarsi alla scrittura. Purtroppo questa diventa l'unica realtà di Paul, invece di realizzare l'ingenua speranza di poter ridisegnare la sua vita in un monolocale seminterrato simile a un locale caldaia e fare lavori manuali senza “pensare” come faceva di solito, prima di trovare l'intensa agilità mentale necessaria per scrivere bene, quando il tempo lo permette la sera. Ma con quell’app dimenticatevi di avere orari di lavoro regolari da rispettare, quando le notifiche push non lampeggiano mai e chi vi assume vi dà valutazioni negative per compiti di cui siete stati informati solo un attimo prima.

Con le frasi tratte dal libro di Courtés utilizzate come voce fuori campo, purtroppo per il film, possiamo constatare come questa storia sia più adatta alla prosa che alle immagini. Questi frammenti di eloquenza di Courtés fanno sembrare la vita interiore di Paul monotona e vuota al confronto, caratteristiche poco convincenti per uno scrittore di autofiction, quando i momenti più quotidiani sono solitamente carichi di intuizioni. Il padre di Paul (André Marcon), dal linguaggio schietto, lo accusa quasi di “non riuscire” a essere povero, data la sua inadeguatezza al lavoro manuale, e la piccola avventura di questo scrittore nella povertà – accompagnata dalla colonna sonora non diegetica di una raffinata musica per pianoforte – può sembrare che prenda alla leggera questo lavoro per coloro che invece dipendono esclusivamente da esso.

Ma come Donzelli ha dimostrato nel suo ultimo film, Il coraggio di Blanche [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Valérie Donzelli
scheda film
]
, lei eccelle in una drammaturgia che ci mette a disagio: i suoi protagonisti lottano con i propri limiti psicologici e i confini emotivi vengono messi da parte. È inquietante vedere Paul svuotarsi depressivamente  quando le possibilità di sfruttare il proprio senso di sé per la propria scrittura sembrano sempre più remote. Ma quando Alice (Virginie Ledoyen), la sua fedele editrice alla Gallimard, finalmente legge il suo racconto di questi mesi strazianti, ci rendiamo conto dell'unicità della soddisfazione che deriva dalla scrittura quando esprime un'autentica verità emotiva, come nel caso di Paul. Come dice un vecchio detto, scrivere è facile, basta sedersi alla scrivania e sanguinare.

À pied d’œuvre è prodotto dalla francese Pitchipoï Productions, in coproduzione con  France 2 Cinéma. Le vendite internazionali sono affidate a Kinology.

(Tradotto dall'inglese)


Photogallery 29/08/2025: Venice 2025 - At Work

11 immagini disponibili. Scorri verso sinistra o destra per vederle tutte.

Valérie Donzelli, Bastien Bouillon, André Marcon, Virginie Ledoyen
© 2025 Fabrizio de Gennaro for Cineuropa - fadege.it, @fadege.it

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy