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VENEZIA 2025 Fuori concorso

Recensione: Broken English

di 

- VENEZIA 2025: Iain Forsyth e Jane Pollard hanno ideato un ritratto elaborato della defunta Marianne Faithfull

Recensione: Broken English
Marianne Faithfull e George MacKay in Broken English

Presentato in prima mondiale fuori concorso all’82ma Mostra del cinema di VeneziaBroken English [+leggi anche:
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intervista: Jane Pollard, Iain Forsyth
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di Iain Forsyth e Jane Pollard è inserito nella categoria “non-fiction”. Pur non essendo un film di finzione, potrebbe benissimo appartenere a una terza categoria ibrida, già esplorata nella precedente produzione del duo di registi, 20,000 Days on Earth [+leggi anche:
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Quel film era incentrato sulla musica e sulla presenza di Nick Cave, che qui riappare come collaboratore al fianco del soggetto principale – o meglio, della protagonista. Lei è Marianne Faithfull, alla quale è dedicato, e al quale lei stessa contribuisce, un ritratto stratificato, arricchito e vivificato da cornici concettuali altamente originali, che richiamano un po’ Terry Gilliam e Peter Greenaway, e posto sotto la supervisione di nientemeno che Tilda Swinton. Qui, un ufficio speciale, “Il Ministero del Non Dimenticare”, ha appena iniziato le sue attività, e il suo primo incarico è Marianne Faithfull – un bersaglio facile, si potrebbe dire, dato che questa performer non è certo di quelle che si dimenticano facilmente.

Una carriera che abbraccia sei decenni, circa 35 album, una quarantina di ruoli d’attrice, una vita privata molto esposta con amori noti, abuso di droghe, una caduta e una rinascita da fenice… Non si può che definirla una vera icona culturale del Novecento, con una solida produzione anche nei primi anni del XXI secolo. I suoi anni Sessanta si svolgono nel pieno della British Invasion, e gli anni Settanta e Ottanta (dopo una lunga pausa e con una voce molto diversa) le portano un’intera nuova generazione di fan e un periodo da superstar, dopo il quale si è via via avventurata in imprese piuttosto esclusive e, a tratti, sperimentali, tra cui interpretazioni di Kurt Weill e un’intima creatività con il già citato Cave. In breve, è difficile essere più alla moda di Marianne Faithfull, che peraltro è davvero il suo nome di battesimo – niente pseudonimo d’arte, qui.

Sebbene sia purtroppo scomparsa a gennaio di quest'anno, la sua partecipazione a questo film si è fortunatamente conclusa e archiviata prima della sua morte. In un’altra inquadratura abbellita, viene “documentata” dal “custode degli archivi” del ministero, interpretato da George MacKay, di fatto il suo intervistatore. Insieme ripercorrono il suo cammino fin dalla prima infanzia, accompagnati da filmati, fotografie e ritagli di giornale. Le riflessioni e le reazioni della Faithfull sono il cuore e l’anima del film – acute, sagaci, disarmanti o disapprovanti quando opportuno. Si rileva parecchio sessismo e viene affrontato di conseguenza; c’è persino una tavola rotonda ad hoc sull’argomento, moderata dalla personalità dei media britannica Edith Bowman con una schiera di rappresentanti femminili della cultura contemporanea al tavolo. Altri interventi sono quelli dell’ex marito John Dunbar (un momento caldo e commovente) e del sottovalutato Barry Reynolds, che ha co-composto la sua canzone più famosa, quella che dà il titolo al film. Mick Jagger, invece, non si vede.

Si ascolta e si vede anche una selezione di interpretazioni, a cura di Beth Orton, Suki Waterhouse, Courtney Love e Jehnny Beth. Per quanto tutte sincere ed eseguite con perizia, impallidiscono di fronte all’originale, anche quando lei indossa un tubicino dell’ossigeno (ha contratto il COVID-19 nel 2020, con gravi ripercussioni ai polmoni), duettando con Nick Cave nella sua ultima performance registrata. Per non parlare della sua versione di Pirate Jenny, accompagnata soltanto dal pianoforte e che non sfigura nemmeno al cospetto della grande Lotte Lenya.

Broken English è prodotto dalle britanniche Rustic Canyon Pictures e Phantoscopic; le vendite sono affidate a Cinetic e Global Constellation.

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(Tradotto dall'inglese)

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