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VENEZIA 2025 Fuori concorso

Recensione: Orfeo

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- VENEZIA 2025: Il primo lungometraggio di Virgilio Villoresi ci scaraventa in un mondo al contempo affascinante e spaventoso dove la magia del cinema impregna ogni immagine

Recensione: Orfeo

Orfeo, primo lungometraggio del regista italiano Virgilio Villoresi, presentato in prima mondiale fuori concorso alla Mostra di Venezia, regala al pubblico un ritratto barocco, sensuale e velenoso di un legame amoroso che si addentra nelle tenebre. Curato fin nei minimi dettagli, il film di Villoresi deve essere assaporato fotogramma dopo fotogramma, senza fretta, come un liquore che brucia la gola ma riscalda il cuore.

Basato sull’opera di Dino Buzzati Poema a fumetti, considerata come il primo romanzo grafico italiano, il film mette in scena le avventure di un moderno Orfeo (Luca Vergoni), innamorato quasi fino alla follia della misteriosa Eura (o Euridice) (interpretata da Giulia Menza). Orfeo è un film volutamente composito in cui l’animazione si sposa con la finzione, la realtà con il sogno, la poesia con il misticismo. Opera d’arte decisamente originale che richiama alla mente l’opulenza decadente di Dario Argento ma anche l’esoterismo di Maya Deren o Kenneth Anger, Orfeo si addentra nel cuore del cinema, là dove nulla è quello che sembra e tutto può trasformarsi nel suo contrario.

I protagonisti e le protagoniste di Orfeo diventano metafore di sentimenti umani profondi che spaziano dal desiderio all’amore, passando per la paura della morte e la ricerca di senso in una vita che ne è ormai priva. La tensione tra realtà e finzione è palpabile e il pubblico è spinto, come un sonnambulo, a compiere un viaggio sensoriale che strania e affascina. Sì, perché per apprezzare il film di Villoresi è necessario abbandonarsi all’incognito, lasciarsi cullare da immagini alle quali non sempre è necessario dare un senso. Come in un rituale segreto del quale non si conoscono le regole, il pubblico è spinto a sperimentare la magia del cinema delle origini, a gustare la bellezza delle immagini come se si trattasse di una visita in un museo immaginario.

I personaggi, che si tratti di figure umane o soprannaturali, diventano elementi essenziali all’interno di una struttura narrativa più simbolica che razionale, più sogno (o incubo) ad occhi aperti che racconto logico e realistico. Questi stessi misteriosi personaggi si incontrano, si lasciano e si sfiorano in un mondo parallelo in equilibrio tra desiderio e disillusione, perdita e speranza. Particolarmente interessante è la figura della ballerina, sorta di incarnazione di sentimenti contrastanti che spaziano dalla grazia alla crudeltà, dall’eleganza al mostruoso. La danza, le coreografie che i protagonisti e le protagoniste utilizzano come mezzo per esprimere il proprio mondo interiore in ebollizione, si trasformano in messaggi venuti da un aldilà che rimane celato dietro uno spesso sipario. Demoni, scheletri e misteriosi personaggi dotati di corna fanno parte di questo mondo sospeso, come a volerci ricordare che la ricerca di Orfeo non sarà semplice e che sul cammino dovrà confrontarsi con il suo lato oscuro che è a ben vedere quello di tutta l’umanità. “Non è spaventosa la vita?” dice uno dei personaggi del film ricordandoci che dietro la bellezza può celarsi il pericolo, e dietro l’apparente tranquillità del quotidiano l’instabilità di un’esistenza che può cambiare faccia ad ogni istante.

Intriso di una profonda malinconia ma anche di un fascino velenoso, Orfeo è un viaggio al contempo reale e interiore che il pubblico intraprende guidato dallo sguardo di Orfeo. I confini tra sogno, realtà, vita e morte sono varcati grazie alla magia del cinema, mezzo con il quale dare forma a mondi interiori che rimarrebbero sennò rinchiusi nella mente di chi li ha creati.

Orfeo è prodotto da Fantasmagoria e venduto all’internazionale da True Colours.

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