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VENEZIA 2025 Giornate degli Autori

Recensione: Short Summer

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- VENEZIA 2025: Il primo lungometraggio di finzione di Nastia Korkia è un ritratto poetico di un’infanzia vissuta nell’ombra di una guerra che si insinua nel quotidiano con testardaggine

Recensione: Short Summer
Maiia Pleshkevich in Short Summer

Short Summer, primo lungometraggio di finzione di Nastia Korkia, regista di origini russe che vive tra la Germania e la Francia, presentato alle Giornate degli Autori della Mostra di Venezia, ci scaraventa in un mondo che sembra fluttuare, in un quotidiano che vacilla tra momenti di leggerezza e paura ai quali è difficile dare un volto. Al contempo poetico e crudele, Short Summer è un film che va assaporato senza fretta, un tour de force che obbliga il pubblico a vivere al ritmo di un quotidiano nel quale l’osservare conta più dell’agire, il sentire più che del capire.

Katya (Maiia Pleshkevich), la protagonista del film, ha otto anni e trascorre l’estate con i nonni in campagna, in Russia. Le attività non sono molte e Katya e i suoi amici devono cercare di occuparsi come possono. In questo luogo desolato il tempo sembra essersi fermato, come se qualcuno avesse spento improvvisamente la luce lasciando i paesaggi e le persone che lo abitano in un’inquietante penombra. La magnifica fotografia di Evgeny Rodin riesce a restituire con grazia e delicatezze queste atmosfere crepuscolari dove la luce penetra solo a sprazzi. È proprio Katya a decidere cosa mostrarci del suo quotidiano, del suo mondo di bambina attorniata da adulti che fanno la guerra. Malgrado il luogo in cui si trova la giovane protagonista sembri in parte risparmiato dal conflitto armato, fugaci ma incisivi dettagli ci fanno capire che la violenza e l’ondata di distruzione sono comunque dietro l’angolo. Potenti in questo senso sono la scena nella quale un gruppo di bambini gioca a calcio mentre passa, dietro di loro, un treno merci che trasporta dei carrarmati o ancora quella in cui un amico di Katya legge l’avviso di sparizione di un veterano di guerra che soffre di PTSD. I bambini crescono e la guerra continua a mietere vittimi, due realtà in apparenza contradditorie che, loro malgrado, devono imparare a coabitare.

Short Summer cerca di mostrare, suggerendolo senza mai forzare la mano, come gli orrori della guerra e la paura di trovarsi improvvisamente nel cuore del ciclone si insinuino con ostinata caparbia nel quotidiano di esseri umani per cui la sopravvivenza è diventata pane quotidiano. Il mondo di Katya, le relazioni che tesse durante l’estate a casa dei nonni, sono improvvisamente scombussolati da piccoli dettagli che rimandano al conflitto armato che l’attornia senza però mostrarsi chiaramente. Che si tratti di notizie di attacchi terroristici alla radio, di aerei militari che squarciano il cielo come coltelli affilati o ancora di certificati di decesso che non possono essere rilasciati perché i cadaveri, sui campi di battaglia, non sempre sono ritrovati, l’infanzia di Katya è marcata per sempre da una violenza lontana ma estremamente presente.

Con Short Summer, Nastia Korkia raccoglie, in una sorta di diario cinematografico senza fine, la fragile memoria di una bambina che osserva il mondo che la circonda con stupore ma anche con la consapevolezza che tutto potrebbe scomparire dall’oggi al domani. Grazie a Katya, il pubblico è spinto ad osservare dettagli in apparenza banali che diventano testimonianze fondamentali di un’innocenza che sta per svanire. Costituito in gran parte da maestosi piani sequenza che sfilano davanti agli occhi del pubblico come dei dipinti di Caravaggio, Short Summer si nutre di chiaroscuri, di una luce che cerca di imporsi sulle tenebre, una luce che ridà speranza là dove, spesso, si crede non rimanga più nulla.

Short Summer è prodotto da Tamtam (Germania) e coprodotto da Totem Atelier (Francia) e Art & Popcorn (Serbia).

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