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TORONTO 2025 Special Presentations

Recensione: The Fence

di 

- Claire Denis porta sullo schermo tutta la tumultuosa, codificata e squilibrata stranezza di un'opera di Bernard-Marie Koltès che analizza gli spettri dei rapporti di potere

Recensione: The Fence
Isaach De Bankolé e Matt Dillon in The Fence

"Sono qui per il corpo di mio fratello e me ne andrò solo con il corpo di mio fratello". È in un mondo chiuso di emozioni crude, nel cuore del vasto continente africano e nell'oscurità convulsa delle anime occidentali perdute che Claire Denis si immerge con The Fence [+leggi anche:
intervista: Claire Denis
scheda film
]
, presentato nella sezione Special Presentations del 50mo Festival di Toronto e che successivamente sarà in concorso al 73mo Festival di San Sebastian. Quando ha scelto di adattare l'opera teatrale di Bernard-Marie Koltès, Lotta di negro e cani (scritta nel 1979), la celebre regista francese era fin troppo consapevole del tipo di mondo in cui si stava addentrando, e il suo film trasmette appieno l'atmosfera sconvolta e simbolica di un'opera teatrale piena di tensione, di cose non dette, di colpe gravose, di catene e di agitazione febbrile sotto lo sguardo paziente, stoico e fermo di un popolo africano. Perché le ombre che spaventano alcuni sono rassicuranti per altri.

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Da una parte della barricata c'è Horn (Matt Dillon), il capo di un vasto e altamente protetto complesso edilizio in mezzo al nulla. Dall'altra troviamo l'elegante Alboury (un eccellente Isaach De Bankolé), venuto a recuperare il corpo del fratello operaio. Il loro è uno scontro che dura tutta la notte, con l'ingegnere occidentale che cerca di negoziare, convincere, corrompere, ottenere la simpatia, discolparsi, supplicare e minacciare l'inflessibile africano, il tutto sotto la stretta e ineludibile sorveglianza delle guardie armate locali posizionate nelle loro torri di guardia. Cosa si nasconde dietro questa storia di un corpo che Horn promette di consegnare per prima cosa al mattino? È un mistero che coinvolge l'impetuoso Cal (Tom Blyth), uno dei giovani colleghi di Horn che canta a squarciagola Beds Are Burning dei Midnight Oil mentre guida un pick-up, dopo aver preso la nuova moglie del suo capo, Leonie (Mia McKenna-Bruce), che li raggiunge direttamente da Londra, che è totalmente all'oscuro di tutto ciò che riguarda l'Africa e che arriva proprio nel mezzo di questa situazione di stallo, in un momento molto imbarazzante, chiaramente appesantita dai suoi problemi. I nostri quattro personaggi trascorreranno una notte vivace e incredibilmente turbolenta.

The Fence è tutt'altro che un film ordinario. Un'aria di ferocia morbosa e suggestiva aleggia sottilmente su questa storia (la sceneggiatura è scritta dal regista con Suzanne Lindon e Andrew Litvack) che ci lascia deliberatamente all'oscuro del passato dei personaggi, a parte qualche frammento qua e là che traccia tenui percorsi di comprensione. Aleggia un'atmosfera da fine del mondo, fatta di disperazione, ubriachezza, champagne e assurdi fuochi d'artificio, di solitudini che si aggrappano l'una all'altra senza riuscire veramente a comunicare. Tutto il peso metaforico e fatale della colonizzazione economica (sfruttamento, abuso, irresponsabilità, senso di colpa) in un mondo monopolizzato dagli uomini (sotto l'occhio di un unico personaggio femminile) grava deliberatamente sul film, rendendolo relativamente scomodo ma incredibilmente fedele al suo tema cupo e criptico nonostante la sua natura spasmodica. Amplificato dalla fotografia altamente organica di Éric Gautier e da interpreti spettrali, il ritorno della regista in Africa (37 anni dopo il suo primo lungometraggio, Chocolat) si rivela un'immersione inflessibile in un microcosmo karmico cupo e tempestoso. Ma Claire Denis opera anche su un doppio livello: a volte, il suo linguaggio spaventoso e sconosciuto nasconde un codice per chi lo conosce, e le cicatrici sono in realtà segni protettivi. In breve, gli appassionati di gialli sappiano che The Fence è pronto e li aspetta.

The Fence è prodotto da Vixens e coprodotto da Curiosa Films, Saint Laurent Productions, Arte France Cinéma e la società senegalese Astou Production. Goodfellas gestisce le vendite internazionali.

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(Tradotto dal francese)

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