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Recensione: Las corrientes

di 

- Milagros Mumenthaler compone un terzo lungometraggio sinfonico incentrato sulla salute mentale e sulla maternità, che continua ad accompagnare lo spettatore molto dopo lo scorrere dei titoli di coda

Recensione: Las corrientes
Isabel Aimé González Sola in Las corrientes

Lina, non Catalina: come persino un cambio di nome possa apparentemente trasformare il tuo intero essere emerge nell'avvincente terzo lungometraggio di Milagros Mumenthaler, Las corrientes [+leggi anche:
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intervista: Milagros Mumenthaler
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, presentato in anteprima mondiale nella sezione Platform del 50mo Festival di Toronto e presto in concorso a San Sebastian. La regista e sceneggiatrice svizzero-argentina si è già fatta un nome con film di simile cripticità stilistica: il suo lungometraggio d'esordio, Back to Stay [+leggi anche:
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, ha vinto il Pardo d'Oro a Locarno nel 2011 ed è stato proiettato anche a San Sebastian.

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Nei primi minuti del film, qualcosa spinge la stilista trentaquattrenne Lina (Isabel Aimé González Sola, che interpreta con convinzione l'immobilità emotiva del personaggio; ci sembra di scrutare la sua anima) a tuffarsi nelle gelide acque di un lago svizzero dopo aver ricevuto un prestigioso premio. Al suo ritorno a Buenos Aires, si comporta come se nulla fosse accaduto di fronte al suo marito Pedro (Esteban Bigliardi), fin troppo perfetto, e alla sua giovane figlia Sofia (Emma Fayo Duarte), ma in realtà ha segretamente sviluppato una paralizzante paura dell'acqua.

Più che un semplice ritratto della depressione o dell'apatia indotta, Las corrientes non svela mai completamente lo stato d'animo di Lina, costringendoci a ricomporre il puzzle delle sue emozioni, proprio come deve fare la protagonista di Mumenthaler. Si reca da una vecchia amica, la proprietaria di un salone di bellezza, Amalia (Jazmín Carballo), per un trattamento ai capelli, vista la sua incapacità di fare la doccia a causa dell'acquafobia, e lungo il percorso riporta a galla un trauma sepolto che continua a ribollire, ma senza mai esplodere.

C'è qualcosa di strano in questo mondo che solo Lina vede, sente e percepisce, catapultandosi in diversi momenti cruciali in uno spazio che sembra una realtà amplificata: si prenda ad esempio una sequenza immaginaria che coinvolge la sua assistente Julia (Ernestina Gatti) e un’inquietante inquadratura di bambini vestiti in uniforme. Questo mondo leggermente distorto è ulteriormente elaborato con grande cura attraverso molte scelte di design, in particolare il suono, dove rumori di sottofondo apparentemente attutiti si insinuano e irritano intenzionalmente l'orecchio. Mumenthaler utilizza anche i leitmotiv atmosferici dei fiati e il violino struggente di “Venus” di Gustav Holst, dalla sua travolgente suite orchestrale The Planets, per suscitare ripetutamente un senso di inquietudine che perseguita Lina ovunque vada.

È l’impegno della regista nell'enfatizzare, in modo inaspettato, come si manifesta il trauma generazionale a emergere come la più forte linea tematica di Las corrientes, che esamina il rapporto di Lina sia con la figlia che con la madre. Mumenthaler evita le narrazioni abusate di violenza emotiva e le sostituisce con un bagaglio di incertezze emotive, che si manifestano nell'incapacità di Lina di condividere apertamente o di chiarire veramente ciò che il suo tuffo nel vuoto ha portato in superficie. Allo stesso modo, Las corrientes instilla questo malessere onnipresente e insostituibile nella mente dello spettatore, facendolo persistere silenziosamente ma inamovibile dopo gli ultimi istanti del film, come un promemoria.

Las corrientes è una produzione argentino-svizzera di Alina Film e Ruda Cine. Luxbox detiene i diritti di vendita internazionale.

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(Tradotto dall'inglese)

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