Recensione serie: Mrs Playmen
- La serie di Riccardo Donna sull’editrice della più nota rivista erotica italiana è un’immersione patinata nella Roma e nella morale degli anni ’70

Brigitte Bardot, con una cuffia da suora in testa e un reggiseno a rete che lascia ben poco all’immaginazione, accenna un sorriso dalla copertina di Playmen. È il 1970 e dalle pagine della prima rivista erotica italiana sta per scoppiare una rivoluzione dei costumi sessuali e sociali che porta la firma dell’editrice Adelina Dattilo, quella che il Time definì "la Hugh Hefner in gonnella". La figura di questa donna audace e visionaria è al centro di Mrs Playmen, la nuova serie diretta da Riccardo Donna (Io sono Mia [+leggi anche:
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scheda film], Questo piccolo grande amore [+leggi anche:
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scheda film]), i cui primi due episodi sono stati presentati in anteprima alla 20ma Festa del cinema di Roma nella sezione Freestyle e che sarà disponibile per intero (7 puntate) su Netflix a partire dal 12 novembre.
Tra il vero e il verosimile, la trama ha inizio proprio alla festa di presentazione del numero con protagonista “suor B.B.”. Incontriamo Adelina (Carolina Crescentini) e suo marito Saro Balsamo (Francesco Colella), co-fondatori della rivista. Si amano da quando erano ragazzini, ma Saro ora ha un’amante e molti debiti, e un bel giorno parte per un viaggio all’estero e sparisce. I conti della rivista sono in rosso, Adelina è costretta a prendere le redini dell’azienda e così decide di dare una svolta alla sua linea editoriale, ponendo al centro il desiderio femminile e cominciando a mettere in copertina non solo star, ma anche donne comuni: nella fattispecie, una sconosciuta ragazza di periferia, Elsa (Francesca Colucci), alla quale il fotografo del giornale, Luigi (Giuseppe Maggio), aveva scattato alcune foto intime, che tali dovevano restare.
Abbagliata dalla somma di denaro che le viene offerta, Elsa firma un contratto senza leggerlo bene e la pubblicazione delle sue foto senza veli la mette nei guai. Per riparare, Adelina le offre un posto di lavoro al suo giornale (diretto da Chartroux/Filippo Nigro), proposta che la ragazza inizialmente rifiuta. Nel frattempo, la buoncostume (per cui presta servizio il poliziotto impersonato da Domenico Diele) cerca un pretesto per chiudere definitivamente la rivista tacciata di oscenità, e le femministe (prima fra tutte Cecilia Dazzi) sono sul piede di guerra perché Playmen mercifica il corpo della donna. “Noi italiani abbiamo un problema con il sesso. Invece di rilassarci, ci fa incazzare”, commenta l’ennesimo attacco Adelina, lei stessa di estrazione cattolica. La redazione della rivista più osé dell’epoca (in Italia Playboy era stata bandita) si affaccia nella finzione proprio sulla basilica di San Pietro, simbolo per eccellenza della cristianità e della tradizione. Ed è da lì che Dattilo avvierà le sue battaglie per il divorzio, il diritto all’aborto e l’emancipazione femminile.
In un curioso gioco di rimandi tra un’opera e l’altra che a volte si produce nei festival, in Mrs Playmen si parla a un certo punto delle foto scandalose dei coniugi Casati Stampa emerse dopo il brutale omicidio (leggi del film ispirato al caso qui). Pubblicare quel materiale attirerebbe ulteriori critiche ma significherebbe anche risollevare le finanze della rivista. Il compromesso che Adelina trova (pubblicare le foto, ma anche i retroscena che svelano la condizione di quella donna) rende chiara la strada che prenderà il giornale.
Gli sceneggiatori della serie hanno immaginato molto delle vicende attorno a Playmen, inventando personaggi e storie. La ricostruzione dell’epoca è patinata e strizza l’occhio ai gusti dei giovani, anche nella selezione musicale; gli anni ’70 sono scintillanti, colorati, allegri. La moltiplicazione delle linee narrative in perfetto stile Netflix è evidente nelle prime due puntate, magari una maggiore concentrazione e fedeltà ai fatti avrebbe reso il tutto più istruttivo.
Mrs Playmen è prodotta da Aurora TV, società del Gruppo Ambra Banijay Italia.
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