email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

ROMA 2025

Recensione: Residence Hammamet - Il Maktub secondo mia madre

di 

- Salvatore Allocca gira un documentario brillante e affettuoso sulla madre emigrata in Tunisia e sulla comunità di pensionati italiani che si trasferiscono all’estero dove la vita costa meno

Recensione: Residence Hammamet - Il Maktub secondo mia madre
Salvatore Allocca e sua madre Antonietta in Residence Hammamet - Il Maktub secondo mia madre

“Un regista introverso si reca in Tunisia per riscoprire la madre settantenne emigrata: lei danza attraverso la vita, lui impara a seguirla”, si legge nel pressbook di Residence Hammamet - Il Maktub secondo mia madre di Salvatore Allocca, presentato alla 20ma Festa del cinema di Roma nella sezione Special Screening. Una premessa già di per sé gustosa a un documentario che si rivela un piccolo gioiello di ironia, tenerezza e una sottile indagine sociale sui pensionati italiani che si trasferiscono all’estero dove la vita costa meno, e che proprio nel confronto tra la compostezza del figlio e l’esuberanza della madre trova uno dei suoi punti di forza.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

“Sembra che vi siate scambiati di età”, commenta una signora osservando Salvatore. Il regista è appena sbarcato ad Hammamet per andare a trovare sua madre Antonietta, che dopo i 70 anni si è trasferita nella città tunisina rifacendosi una vita con un signore più giovane di lei, dolce e premuroso, conosciuto sul posto. Antonietta è un concentrato di vitalità e sta pensando di risposarsi, perché ad Hammamet ha trovato famiglia. Il figlio è perplesso (“guarda che dopo il matrimonio gli uomini cambiano!”) e, con discrezione, cerca di capirci qualcosa in più di questa nuova vita della madre lontana dall’Italia, verificare se stia davvero bene come dice. La risposta è sì, decisamente.

Tra balli, tornei di burraco, bagni in piscina e gite nel deserto, Allocca scopre tutto un universo di settantenni italiani che dai tunisini si sentono accolti e coccolati, che fanno comunità, si promettono assistenza reciproca, si godono il sole e il mare, senza badare a spese. Il regista chiede loro: “Siete felici?” - “Siamo sereni” è la risposta più frequente. Non è tutto rose e fiori, certo. Una coppia sposata da 50 anni sta per separarsi perché lui vuole restare in Tunisia e lei ammette “questa vita non fa per me”. Non mancano rimpianti, nostalgia di casa, momenti in cui quella vita sta un po’ stretta.

La più determinata a non tornare più indietro è proprio Antonietta. Dinamica, trascinante, amica di tutti, ha tanti progetti e sembra che tutto le venga facile. In arabo, maktub significa destino, ciò che è scritto. E Antonietta è convinta che questo sia il suo maktub. Il film fa spesso sorridere, ci si ritrova a sorprendersi della straordinaria capacità di reinventarsi anche a quell’età, della disinvoltura e libertà di spirito che spesso – paradossalmente – non si ha quando si è più giovani. Di solito sono i figli a emigrare e i genitori ad aspettare le loro visite, almeno durante le feste comandate; qui è il contrario, e l’effetto comico che questo ribaltamento dei ruoli provoca è irresistibile.

“Lei danza attraverso la vita, lui impara a seguirla”, dicevamo all’inizio. La sorpresa finale è che questo documentario sa anche essere molto commovente, ma in una maniera talmente lieve da far venir voglia di alzare le braccia e mettersi a ballare con loro.

Residence Hammamet - Il Maktub secondo mia madre è prodotto dalla società con sede a Roma Own Air.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy