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JIHLAVA 2025

Recensione: Silver

di 

- Natalia Koniarz offre un ritratto immersivo e spoglio della vita all'interno della comunità mineraria di Cerro Rico in Bolivia, dove lavoro, povertà e fede si intrecciano

Recensione: Silver

Il documentario della cineasta polacca Natalia Koniarz, Silver, si è aggiudicato il premio principale, tra altri riconoscimenti, nella competizione principale Opus Bonum del Festival internazionale del documentario di Ji.hlava (leggi la news). Ambientato sul Cerro Rico e al suo interno, la montagna ricca d’argento che domina Potosí nelle Ande boliviane, il film di Koniarz osserva una comunità indigena la cui esistenza è plasmata dal fragile ecosistema della miniera, dove lavoro, povertà e fede si intrecciano in cicli continui.

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Koniarz combina osservazione e contemplazione nel suo ritratto della vita intorno alla montagna. Gli uomini cercano vene d’argento in tunnel claustrofobici, a scuola ai bambini si insegnano vigilanza e autodifesa, e le famiglie piangono chi è perito nelle miniere. Attraverso questi frammenti, Koniarz costruisce un ritratto stratificato di una comunità definita dall’estrazione, dalle vedute geologiche dell’imponente corpo della montagna alle routine quotidiane di coloro la cui sussistenza dipende da essa.

Per catturare questa esperienza collettiva, Koniarz segue diversi membri della comunità. Il lavoro estenuante dei minatori nelle profondità del sottosuolo si contrappone alla prospettiva del dodicenne Juvi, che gioca con le galline e va a scuola mentre viene già iniziato al mestiere della miniera. La sua presenza aggiunge al film una dimensione generazionale, riflettendo come la continuità dell’attività estrattiva si trasmetta di padre in figlio nonostante i pericoli che comporta.

Silver si apre con immagini folgoranti della montagna e dei suoi pendii screpolati e desolati, prima di scendere nei tunnel sottostanti. A prima vista, il film richiama altri documentari sullo sfruttamento del lavoro locale in condizioni pericolose legate alle catene di approvvigionamento globali. Koniarz evita però un approccio didascalico o militante. Si immerge invece nella comunità, osservandone in silenzio ritmi e rituali mentre ruotano attorno alla miniera.

Il film va oltre il semplice resoconto sociale per riflettere sulle conseguenze del vivere e morire a ridosso dell’estrazione. Traccia il ciclo intergenerazionale che perpetua l’attività mineraria, cogliendone al contempo la necessità e il prezzo che comporta. La struttura di Koniarz si affida a un mosaico di momenti privati e comunitari, componendo il ritratto di un fragile ecosistema sorretto dalla durezza delle condizioni.

L’eredità del colonialismo non è evocata attraverso commenti, ma attraverso la ripetizione, in gesti e routine incessantemente ripetuti. Una scena in aula, in cui i bambini recitano versi patriottici sulla montagna, è seguita dalla loro discesa nelle stesse gallerie che hanno inghiottito i loro padri, o inghiottiranno loro a loro volta, mentre i superstiti pregano Dio.

La montatrice Yael Bitton conferisce al film un ritmo misurato, alternando la luminosità della vita in superficie all’oscurità oppressiva del sottosuolo, e ottenendo una rappresentazione coesa di una comunità edificata su secoli di estrazione, una base su cui poggia ancora il mondo digitale contemporaneo. Il direttore della fotografia Stanisław Cuske (che ha vinto anche un premio per il suo lavoro a Ji.hlava) sottolinea la materialità e la grana: la polvere, il sudore e la ruvidità della roccia. Il suo obiettivo indugia sulla bellezza austera del paesaggio e sugli interni in penombra delle miniere, osservando senza interferire. L’assenza di qualsiasi commento o intervista rafforza l’approccio immersivo e osservazionale, consentendo a Silver di farsi un ritratto spoglio dell’industria globale e del suo impatto su una comunità locale.

Silver è stato prodotto da Telemark Sp z oo (Polonia) e co-prodotto da Piraya (Norvegia) e IV Films (Finlandia). Le vendite internazionali sono curate da KFF Sales & Promotion.

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(Tradotto dall'inglese)

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