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SALONICCO 2025

Recensione: Feels Like Home

di 

- Gábor Holtai debutta nel lungometraggio con questo thriller ben congegnato che presenta elementi da dramma da camera

Recensione: Feels Like Home

Il regista ungherese Gábor Holtai esordisce nel lungometraggio con Feels Like Home, un thriller – con elementi da dramma da camera – incentrato su una donna rapita. Il film ha recentemente festeggiato la sua prima mondiale nella sezione Noves Visions del Festival di Sitges, dove si è aggiudicato il Méliès d'Argento per il miglior lungometraggio di genere fantastico (leggi la news), riconosciuto da una giuria della Federazione dei Festival Internazionali Méliès come miglior lungometraggio a Sitges. È ora in programma al Festival del cinema di Salonicco.

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Scritto da Holtai e Attila Veres, Feels Like Home ci catapulta rapidamente in questo mondo attraverso la vita di Rita (Rozi Lovas), una donna da poco rimasta senza lavoro che viene rapita e alla quale dicono che in realtà si chiama Szilvi Árpád. Scopre presto che gli altri “membri della famiglia” – incluso un bambino – sono tutti solitari rapiti, costretti fisicamente ed emotivamente a interpretare un ruolo per volere di Papa (Tibor Szervét), i cui lavori sporchi sono eseguiti dal nuovo fratello di Rita, Marci (Áron Molnár).

Più vicino al thriller che all’horror, Feels Like Home segue la corsa di Rita per fuggire a ogni costo, ma i suoi tentativi vengono frustrati da Papa, dall’empatia verso i suoi fratelli/prigionieri e dalla sua lenta metamorfosi nel personaggio di Szilvi. Servendosi di tecniche come il posizionamento di una camera per creare un’estrema vista zenitale delle varie stanze, la fotografia di Dániel Szőke coltiva una sensazione di confinamento totale negli ambienti di Rita, conferendo a ogni spazio una caratterizzazione minuziosa. L’interpretazione di Lovas è valorizzata da primi piani che catturano ogni brandello di angoscia esistenziale e ogni impercettibile movimento del suo volto, permettendoci di pregustare con complicità la sua prossima mossa ancora prima che pronunci una parola.

L’evoluzione delle alleanze e dei desideri dei personaggi fa sì che il film non finisca in un loop narrativo, anche se il suo grande punto di svolta – circa a un’ora e un quarto – avrebbe potuto certamente arrivare prima. Gli ultimi 45 minuti, però, sono un piacere da vedere: la capacità d’azione di Rita – o forse, ormai, di Szilvi – si sviluppa, i suoi obiettivi cambiano e i legami con gli altri membri della famiglia si stringono e si allentano. Così, Feels Like Home evita la trappola dei film di genere con impostazioni simili e un’unica location: la carenza di sviluppo dei personaggi e la ripetizione degli stessi snodi.

Invece, attraverso la sceneggiatura, Holtai e Veres fanno un lavoro molto convincente nel dipanare le basi della perturbante premessa del film, fondata su una visione della realtà appena dilatata, in cui l’indifferenza e la complicità sono spinte all’estremo. Quando a Rita/Szilvi è concesso di uscire di casa per la prima volta, scopre fino a che punto i vicini sorridono e annuiscono, pur sapendo cosa combina Papa. Con il suo apparentemente innocuo taglio da “film fantastico”, Feels Like Home riesce comunque a porre una domanda quanto mai pertinente: anche quando sai che gli orrori sono proprio davanti a te, fino a che punto sei disposto a voltarti dall’altra parte, sapendo che così resterai al sicuro?

Feels Like Home è una produzione ungherese di CineSuper ed è venduto da Celluloid Dreams.

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(Tradotto dall'inglese)

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