email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

ARRAS 2025

Recensione: The Altar Boys

di 

- Con l'aiuto dei suoi amici, un giovane adolescente immagina di essere Gesù e Robin Hood nel nuovo film di Piotr Domalewski, ma voler fare del bene non è così facile

Recensione: The Altar Boys
Tobiasz Wajda, Mikołaj Juszczyk, Bruno Błach-Baar e Filip Juszczyk in The Altar Boys

"Camminate come figli della luce". È in una piccola città polacca profondamente intrisa di cattolicesimo e sulle tracce di quattro giovani chierichetti uniti dall’amicizia che Piotr Domalewski ha scelto di dispiegare The Altar Boys [+leggi anche:
intervista: Piotr Domalewski
scheda film
]
, recentemente pluripremiato al Festival di Gdynia (miglior film, sceneggiatura, montaggio e premio del pubblico) e presentato in prima internazionale in competizione alla 26ma edizione dell’Arras Film Festival.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Dall’epistola di San Paolo agli Efesini alla messa della resurrezione, passando per un sermone che invita i fedeli alla purezza e a ergersi come ultimo baluardo contro l’oscurità (amplificata dalla guerra nella vicina Ucraina), il quarto lungometraggio del cineasta, apprezzato in particolare con Silent Night [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Dawid Ogrodnik
intervista: Piotr Domalewski
scheda film
]
(2017) e I Never Cry [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Piotr Domalewski
scheda film
]
(a San Sebastian, sezione New Directors, nel 2020), è immerso in un clima 100% religioso. Ma è con un taglio molto più originale di quanto questo decoro liturgico (che non sorprende nel contesto culturale polacco e che si apre con una competizione regionale di chierichetti degna di una partita di calcio) potrebbe lasciare intendere che il regista (anche autore della sceneggiatura) sviluppa la sua storia seguendo quattro giovani amici adolescenti, rapper cristiani nei ritagli di tempo, che decidono di prendere alla lettera il messaggio liturgico.

Scioccati dalla scoperta di una trattenuta segreta da parte dell’arcivescovado ("giustificatelo con l’inflazione") del denaro raccolto dalla loro parrocchia per i poveri, Filip (Tobiasz Wajda), Gucci (Bruno Błach-Baar) e i due fratelli Kurczak (Mikołaj Juszczyk e Filip Juszczyk) decidono di ristabilire la giustizia, sottraendo una parte delle offerte dalla cassaforte della sacrestia e ridistribuendola loro stessi, mascherati, ai bisognosi. Ma come capire chi è povero? Per farlo, i nostri quattro compari installano una telecamera nascosta nel confessionale. L’operazione, in tutte le sue peripezie, è rischiosa e tutt’altro che "facile fare del bene". Tanto più che Filip, il leader del gruppo, che vive una situazione difficile a casa con la madre depressa (Kamila Urzędowska), inizia quasi a sentirsi Dio e a nutrire idee sempre più radicali ("proviamoci ancora, possiamo cambiare il mondo").

Ritratto toccante dell’ingenuità di una fede "infantile" come riflesso rovesciato di un mondo di adulti alle prese con miseria, violenza e compromessi con la realtà, The Altar Boys è soprattutto un bel film sull’amicizia e una sorprendente storia di formazione il cui filo conduttore di buone intenzioni non si sottrae agli aspetti più oscuri della natura umana, oscillando abilmente tra commedia e dramma. Sorta di fratello minore, in tutt’altro stile, del Parola di Dio di Kirill Serebrennikov, il film di Piotr Domalewski beneficia anche di una messa in scena molto controllata e di una bella confezione visiva (Piotr Sobocinski Jr. alla direzione della fotografia) per distillare la sua piccola musica sulle complessità del bene e del male.

The Altar Boys è prodotto da Aurum Film.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dal francese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy