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GINEVRA 2025

Recensione serie: A Sámi Wedding

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- La serie creata da Åse Kathrin Vuolab è una commedia dai toni drammatici che celebra la cultura sami senza nascondere le difficoltà che implica farne parte

Recensione serie: A Sámi Wedding
Per John P. Eira e Sárá Gáren Ánne Nilut in A Sámi Wedding

Selezionata nel Concorso Internazionale dedicato alle serie del Geneva International Film Festival (GIFF), A Sámi Wedding creata da Åse Kathrin Vuolab e diretta insieme a Pål Jackman si sviluppa, come anticipato nel titolo, attorno all’organizzazione di un matrimonio tutto fuorché banale. Durante le 8 puntate (da 30 minuti ciascuna) che compongono questa serie norvegese, Garen (interpretata magnificamente da Sara Margrethe Oskal), la sua protagonista, tenta con tutte le sue forze di salvare l’onore famigliare organizzando, in un solo mese, il matrimonio di suo figlio Ailo (Per John P. Eira) con la figlia della sua ricca rivale. Ambientata a Kautokeino, una cittadina innevata nel nord della Norvegia, la serie celebra la cultura sami con rispetto senza però dimenticare di sottolinearne i paradossi e di mettere in evidenza le difficoltà di portare sulle spalle una tradizione ancestrale che si scontra, a volte in modo violento, con la realtà.

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Incurante dei desideri di suo figlio che vorrebbe sposarsi in modo semplice fra pochi intimi, Garen si appresta a realizzare l’impossibile ossia un vero e proprio matrimonio sami, di quelli che, normalmente, richiedono almeno un anno di preparativi e la collaborazione di intere famiglie. Peccato però che le persone su cui Garen può contare sono ben poche e non facili da convincere. Si tratta dei suoi due fratelli: Harry (Ánte Siri) che vive a New York con il suo compagno afroamericano e Johan (il giovane Ivan Aleksander Sara Buljo), una specie di dongiovanni dell’estremo nord, e di sua sorella, la ribelle Belle (Inga Marja Utsi, alla sua prima esperienza come attrice). Ciò che rende questi antieroi estremamente toccanti sono proprio le loro numerose imperfezioni così come la loro spudorata sincerità. Il caos che, a volte loro malgrado creano e il senso dell’umorismo che li definisce, permettono alla serie di coinvolgere il pubblico dall’inizio alla fine. Il loro lato oscuro differenzia A Sámi Wedding da produzioni quali My Big Fat Greek Wedding per avventurarsi su terreni più scivolosi e trattare temi più delicati come il razzismo, l’omofobia, le violenze sessuali o l’appropriazione culturale.

La scelta degli attori, prevalentemente di origine sami e spesso alla loro prima esperienza cinematografica, permette alla serie di aderire perfettamente, in modo sincero e autentico, al suo soggetto e conferma la volontà dei registi di parlare delle tradizioni dei popoli autoctoni del nord della Norvegia in maniera rispettosa e precisa. Un rispetto che non gli impedisce però, e questa è un'altra delle forze di A Sámi Wedding, di parlare dei paradossi di una cultura non sprovvista di tradizioni sessiste dove la gerarchia sociale impedisce ai più umili di gioire degli stessi privilegi dei più ricchi, dove i gossip sono onnipresenti e ogni passo falso si paga molto caro. A Sámi Wedding è una commedia molto divertente che sa però anche trasformarsi in qualcosa di più oscuro e misterioso, ed è proprio questa ambiguità a renderla unica, sorprendente e innovativa. Garen riuscirà a organizzare il matrimonio del secolo? E se sì, a che prezzo?

A Sámi Wedding è prodotta da Mer Film, Tordenfilm e Forest People e distribuita a livello internazionale da REinvent Studios.

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