Recensione: L’âge mûr
- Jean-Benoit Ugeux presenta il suo primo lungometraggio di finzione, una commedia sulla solitudine incentrata su un neocinquantenne che si scontra con il proprio tempo e con gli altri

Jean-Benoit Ugeux presenta in prima mondiale e in concorso all’Arras Film Festival L’âge mûr [+leggi anche:
intervista: Jean-Benoît Ugeux
scheda film]. Sebbene si tratti del primo lungometraggio dell’attore e regista, non si tratta certo del suo esordio, avendo al suo attivo numerosi cortometraggi ampiamente distribuiti e di successo nei festival, come La Musique, Bayard d’or per il miglior cortometraggio nel 2019, o Arbres, Magritte per il miglior cortometraggio documentario nel 2023. Che si tratti di finzione o di documentario, il suo cinema si distingue per i forti tratti distintivi che si ritrovano in questa nuova opera: l’attenzione per la famiglia, li piani-sequenza, il gusto per i personaggi scomodi o fuori contesto, che spesso interpreta lui stesso, come accade anche in questo caso.
L’âge mûr traccia un ritratto insieme delicato e senza concessioni di Ludovic (Jean-Benoit Ugeux), un architetto appena cinquantenne a cui tutto riesce, o quasi. I progetti di grande portata si susseguono, la sua vita sociale è ricca, e ha appena incontrato Nathalie, una madre single divertente e dinamica con cui immagina di portare le cose a un livello superiore. Peccato che il confronto con le due figlie di Nathalie (Ruth Becquart), l’una preadolescente (Elisea Garrabos) e l’altra pienamente adolescente (Solan Martinez), non sia affatto una passeggiata. Simpatico ma immaturo, Ludovic vedrà vacillare le sue fondamenta: il colmo per un architetto.
Interpretato dallo stesso cineasta, Ludovic è uno di quei personaggi terribilmente irritanti che però si finisce per amare; è eccessivo, consumista, sbruffone, immaturo, ma anche incredibilmente toccante nella sua goffaggine e nello spettacolo della sua riluttanza ad accettare la solitudine, che gradualmente svanisce, proprio mentre sembra perdersi nel paesaggio. Gli adolescenti sono lucidissimi, è risaputo: hanno, come i bambini, la capacità di mettere gli adulti di fronte alle loro contraddizioni. Radiografato dal loro sguardo senza filtri, il re è nudo. L’âge mûr non è tanto un film sui figli degli altri (come quello di Rebecca Zlotowski), quanto su quelle relazioni strane che talvolta si annodano, che non hanno né scopo né senso, ma che, per la durata di una parentesi inattesa, permettono a due persone che non avrebbero dovuto incontrarsi di trovare o ritrovare la propria strada. Una commedia dal ritmo molto particolare, che si sviluppa anche parallelamente all'azione, nelle pause, così come nelle piccole cose banali della vita, un hamburger mangiato velocemente in un parcheggio, un bicchiere di vino bevuto da soli nel bel mezzo di una festa.
L’âge mûr è stato prodotto da Wrong Men, già all’opera per La Musique e Eastpak, e coprodotto da Apoptose (Belgio), la società del regista, e Piano Sano (Francia), con il sostegno degli aiuti alle produzioni leggere del Centro del cinema e dell'audiovisivo della Federazione Vallonia-Bruxelles. Le vendite internazionali sono affidate a Be For Films.
(Tradotto dal francese)
Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

























