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IDFA 2025

Recensione: All My Sisters

di 

- Il regista iraniano Massoud Bakhshi torna con un documentario personale, frutto di 18 anni di lavoro, che ha seguito la vita delle sue due nipoti mentre crescevano a Teheran

Recensione: All My Sisters

Massoud Bakhshi è noto tanto per i suoi film di finzione pluripremiati – più recentemente, Yalda, A Night for Forgiveness [+leggi anche:
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intervista: Massoud Bakhshi
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ha vinto il Gran premio della giuria World Cinema Dramatic al Sundance nel 2020 – quanto per i suoi documentari personali. Dieci anni prima, il regista iraniano aveva presentato a IDFA il mediometraggio Our Persian Rug e ora propone All My Sisters [+leggi anche:
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, un film girato nell’arco di 18 anni che ci immerge nelle vite delle due nipoti di Bakhshi, Mahya e Zahra, mentre crescono a Teheran dal 2007 a oggi. Il documentario, in prima mondiale al concorso internazionale dell'IDFA, si rivolge alle sorelle, ormai giovani donne poco più che ventenni, in modo costantemente autoriflessivo. È lo stesso Bakhshi a fare da narratore, presentando loro un film (di fatto un film nel film) composto dal materiale home video che ha girato da quando erano piccole e potevano interagire con la macchina da presa.

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Come spiega già all’inizio, ci saranno alcuni espedienti formali, come zoomare e tagliare porzioni dell’inquadratura per celare i loro corpi e i capelli, in linea con le restrizioni del Paese sulla visibilità delle donne. Nella scena d’apertura, la sua voce fuori campo invita il pubblico a partecipare, seppur indirettamente, a un’esperienza di visione privata; ma, nel corso del film, diventa evidente che quando il materiale occupa tutto lo schermo, stiamo essenzialmente condividendo il punto di vista di queste giovani donne che qui vediamo come bambine. Questo passaggio, sorretto con cura dal preciso flusso del montaggio, ci porta dentro e fuori dal “film nel film” e ci consente di vedere le immagini proiettate su una parete bianca, con due figure in controluce che osservano per lo più in silenzio. All My Sisters è più concentrato sul materiale d’archivio che sugli atti di visione in quanto tali, ma il dispositivo metanarrativo permette al documentario di porre ulteriori interrogativi sullo sguardo e sull’etica, senza formularli esplicitamente.

Gli adulti non compaiono in All My Sisters, almeno non come fanno le bambine. Le voci di Bakhshi e della nonna e della madre delle ragazze si sentono fuori campo e, di tanto in tanto, si intravede una mano o la nuca, ma i volti con cui trascorriamo i 78 minuti di durata sono quelli di Mahya e Zahra, oltre a quello della loro sorellina Maleka, che nasce più avanti nel film. Dare priorità alle bambine significa mantenere la macchina da presa alla loro altezza e seguirle durante i loro giochi; di tanto in tanto lo zio interviene ponendo delle domande, ma solo dopo che la società ha cominciato a farlo per prima.

Nel suo insieme, il documentario dispiega gradualmente una cronologia della vita e della crescita come donna in Iran, mostrando stralci delle storie religiose che sentono dalla nonna e i loro sottintesi punitivi. Il discorso sul peccato e sulla peccaminosità si fa più presente con il passare degli anni e, naturalmente, il primo velo entra in scena prima dell’arrivo della pubertà. In quelle prime scene, il velo appare come una novità e un segno desiderato di crescita, ma non passa molto che le ambivalenze si moltiplicano, mano a mano che le restrizioni imposte alla condizione femminile fanno sentire il loro peso. Verso la fine di All My Sisters, Mahya e Zahra esprimono le loro preoccupazioni politiche davanti alla nonna e tra loro, come fiere sostenitrici del movimento “Donna, Vita, Libertà”, e sebbene il film non suggerisca che il percorso verso l’emancipazione sia in alcun modo chiaro o facile da seguire, offre uno sguardo distintivo e ispirante sulla genesi della resilienza e della resistenza delle donne iraniane.

All My Sisters è prodotto da Amour Fou (Austria), Sampek Productions (Francia), Brave New Work Film Productions (Germania) e Bon Gah (Iran). Pyramide International cura le vendite internazionali del film.

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(Tradotto dall'inglese)

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