Recensione: The Moon Is a Father of Mine
- Un padre e un figlio iniziano a conoscersi alla vigilia di diverse tragedie nel quinto lungometraggio di George Ovashvili

Il quinto lungometraggio di George Ovashvili, The Moon Is a Father of Mine [+leggi anche:
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scheda film], presentato in concorso al Festival Black Nights di Tallinn, può fungere da esempio lampante dell’uso – e della lieve sovversione – del principio della “pistola di Čechov” nella drammaturgia. Il principio stabilisce che, se l’arma da fuoco viene mostrata nel primo atto, deve sparare e innescare una svolta nel terzo. Nel film in questione, il fucile viene presentato in modo più elaborato proprio alla fine dell’introduzione, per poi concedersi altri due momenti sotto i riflettori nella sequenza di caccia che occupa gran parte del secondo atto, e con lo sparo del fucile che apre l’atto finale.
L’alunno delle elementari Toma (il debuttante Giorgi Gigauri) vive con la nonna Sidonia (Kira Andronikashvili) in un appartamento in città nell’autunno del 1991, mentre la madre vive e lavora lontano, a Mosca. Toma ha la tendenza a cacciarsi nei guai, soprattutto quando decide di affrontare un gruppo di bulli che lo prendono di mira per aver rivelato i suoi sentimenti alla compagna di classe Anana. Stanca di rimproverarlo per il suo comportamento, la nonna acconsente che il padre del ragazzo, Nemo (il navigato attore Givi Chugaushvili), si prenda cura di Toma nel suo villaggio d’origine in montagna.
Una volta in montagna, padre e figlio cominciano a conoscersi meglio. Toma scopre che il padre è stato in carcere per aver ucciso un bracconiere quando lavorava come guardaboschi, e Nemo cerca di trasmettere un po’ di saggezza al figlio. Ma appena iniziano a fidarsi l’uno dell’altro senza riserve, il destino li separa di nuovo.
Il problema è che, nel film di Ovashvili, il terzo atto appare un po' deludente e quindi non particolarmente intenzionale, ma questa è solo una delle criticità del film. Il realismo magico introdotto dal cineasta a un certo punto non riesce mai ad attecchire, poiché stride con l’aria di realismo sociale stabilita nella sequenza d’apertura. Una recitazione leggermente legnosa e declamatoria, con dialoghi affettati o falsamente poetici, l’abuso della messa a fuoco ridotta nella fotografia di Christos Karamanis, che solo a tratti si apre sull’unico, mozzafiato e inquietante paesaggio montano, e la colonna sonora ansiogena, carica di archi, di Josef Bardanashvili e Jakub Kudlác, che diventa onnipresente a prescindere da ciò che accade in scena, penalizzano ulteriormente il film. Alla fine, il ritmo lento fissato in fase di montaggio da Kim Sun-min è un doloroso promemoria del fatto che questo materiale avrebbe potuto funzionare come un buon cortometraggio, più che come un pretenzioso e piatto lungometraggio.
In realtà, tutti questi “obbligatori elementi da arthouse” sopra menzionati sembrano essere stati aggiunti con leggerezza per attirare l’attenzione delle commissioni di selezione e delle giurie, più che per esprimere una qualsiasi visione d’autore. Si ha anche l’impressione che, con The Moon Is a Father of Mine, Ovashvili stia cercando con insistenza di riconquistare lo status goduto dopo i suoi primi due lungometraggi, The Other Bank [+leggi anche:
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scheda film] (2009) e Corn Island [+leggi anche:
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scheda film] (2014). È possibile che ci sia dell’altro, ma alla fine il film è scritto in un linguaggio cifrato accessibile solo a determinati spettatori. In questo senso, la didascalia iniziale che ci informa che stiamo per assistere a una storia vera, e la spiegazione finale secondo cui questi eventi sono stati seguiti dalla guerra civile georgiana, suonano più come un tentativo di tirare le fila che come una libera metafora sulla libertà e l’autosufficienza, sulla necessità del patriottismo o sull’importanza delle radici familiari.
The Moon Is a Father of Mine è una coproduzione tra Wagonnet Films (Georgia), Joli Rideau Media (Lussemburgo), Seven Peas Film (Turchia), 42film (Germania), Axman Production (Repubblica Ceca) e Waterfront (Bulgaria) in associazione con ZDF/Arte.
(Tradotto dall'inglese)
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