email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

CINEMAMED 2025

Recensione: My Father's Scent

di 

- Il primo lungometraggio narrativo dell’egiziano Mohamed Siam è un intenso dramma familiare che interpella criticamente le radici dei valori convenzionali

Recensione: My Father's Scent
Ahmed Malek e Kamel El Basha in My Father's Scent

È un intenso dramma familiare il primo lungometraggio narrativo dell’egiziano Mohamed Siam, autore dell’ambizioso documentario Amal [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
, film di apertura dell'IDFA 2017, che seguiva una ragazza adolescente sullo sfondo delle proteste di Piazza Tahrir. Con My Father's Scent [+leggi anche:
trailer
intervista: Mohamed Siam
scheda film
]
, che si è aggiudicato il Grand Prix e il Premio Cineuropa al 25mo Cinemamed dopo la sua premiere mondiale nel Concorso 1-2 del Festival de Varsavia, Siam offre uno sguardo critico sul suo Paese molto meno diretto ma non per questo meno acuto, filtrato dal tema universale del rapporto conflittuale padre-figlio.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Siamo ad Alessandria d’Egitto, alla vigilia dell’ʿĪd al-Aḍḥā, la festa islamica in cui le pecore vengono macellate come simbolo di sacrificio nel Corano. Un’immagine metaforica che ricorre nei dialoghi e le cui implicazioni rispetto all’immolarsi degli affetti rappresentano il nucleo del film. Un anziano vedovo, Omar (Kamel El Basha), torna a casa dall'ospedale dopo aver trascorso sei mesi in coma, accompagnato dal figlio maggiore Ali (Abed Anani), suo prediletto, che ha un lavoro stabile e una famiglia. Omar viene affidato alle cure del figlio minore Farouk (Ahmed Malek), con il quale ha un rapporto quanto meno burrascoso. Dopo la morte della madre, il promettente Farouk ha abbandonato gli studi universitari di farmacia, si è chiuso in se stesso, ha cominciato ad assumere droghe, ha persino tentato il suicidio. Rabbia, frustrazione, dolore per la perdita della madre si sono riversati sul padre. Dal canto suo Omar biasima il figlio per aver sprecato la sua esistenza e lo accusa di cattiva gestione del negozio di articoli di caccia e pesca che gli ha affidato - e che il giovane usa come punto di spaccio di ketamina – e di frequentare una ragazza che il vecchio definisce senza mezzi termini “una sgualdrina”.

La mattina dopo il vecchio viene trovato morto. E il film riavvolge il nastro per mostraci quello che è accaduto nelle 24 ore precedenti. È una sorta di duello quello che si svolge essenzialmente nelle stanze della vecchia abitazione, come un dramma teatrale, con brevi digressioni in cui Farouk esce di casa per incontrare i suoi “clienti” o la fidanzata Sara (Mayan El Sayed) e infine un attraversamento notturno della città in auto durante il quale padre e figlio consumano un incontro-scontro in cui emergono ricordi drammatici, accuse di essere stato un padre assente e violento e in cui vengono svelati vecchi segreti. Siam – che ha studiato cinema al Cairo, a Parigi e a New York e ha ottenuto borse di studio internazionali dal Sundance Institute, dal CNC, dal DFI e dal Venice Final Cut – mostra una notevole perizia nella composizione degli spazi, con movimenti di macchina ridotti al minimo, una accuratezza nelle scelte registiche e una grande sensibilità nella direzione dei due protagonisti, il  palestinese El Basha (Coppa Volpi come miglior attore a Venezia per L'insulto [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Ziad Doueiri
scheda film
]
) e uno degli attori egiziani più ricercati della sua generazione, Ahmed Malek, celebrità regionale in Medio Oriente e apprezzato anche in occidente nei panni del cameriere Musa nella serie britannica Boiling Point [+leggi anche:
recensione
scheda series
]
.

Avvolti nella fotografia di Omar Abou Douma dai colori pastello e con le luci che si scompongono nelle gocce di una pioggia costante che simboleggia il bisogno di purificazione, i due offrono una magnifica performance, che interpella criticamente le radici dei valori familiari convenzionali, svelando le dinamiche di dominio esercitate dal sistema patriarcale, esplorando le tensioni e i contrasti tra diverse generazioni, e mettendo al centro anche il complesso e doloroso percorso verso la riconciliazione emotiva e familiare. La sceneggiatura firmata da Ahmed Amer assieme al regista non cerca una peculiare evoluzione dei personaggi o punti di svolta che facciano colpo, ma procede nella complessità di questi sentimenti familiari con lievi disvelamenti progressivi, attraverso dialoghi disincantati e intrisi di amara ironia. I riferimenti alla situazione sociale del Paese sono visibili (Sara è una ragazza intelligente e libera, salvo doversi coprire con l’hijab e cancellare il rossetto dalle labbra prima di tornare a casa dalla famiglia che Farouk definisce “fanatica”) ma l’intento è quello di rendere il racconto paradigmatico, distillando tutta la tenerezza filiale del mondo in una vecchia boccetta di colonia (che è il titolo arabo del film). Non a caso il regista dedica il film “a tutti i padri”.

My Father's Scent è prodotto da ArtKhana (Egitto) in coproduzione con DUOfilm (Norvegia), B-retta Films (Svezia), Arizona Films (Francia). Le vendite internazionali sono affidate a Film Clinic Indie Distribution.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy