email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

BERLINALE 2004 Concorso

L'amore indigesto di Garrone

di 

- Intervista con il giovane regista italiano che, dopo L'imbalsamatore, presenta una nuova inquietante storia di coppia intitolata Primo amore

Dopo Torino, Venezia e Cannes, Matteo Garrone tenta il concorso berlinese con il suo quinto lungometraggio, Primo amore, agghiacciante passo a due sul vampirismo di coppia: un uomo detta alla sua donna le regole di una dieta sempre più ferrea all’inseguimento di un ideale corporeo che sconfina nella sparizione. Girato a Vicenza e ispirato a un caso di cronaca nera – quello di un cacciatore di anoressiche che finì per uccidere la sua ex – il film è l’unico italiano nella competizione della 54/a Berlinale. Protagonisti lo scrittore Vitaliano Trevisan e la giovane promessa del teatro Michela Cescon. Prodotto da Fandango e Medusa, sarà nelle sale italiane dal 13 febbraio. Abbiamo intervistato il regista

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Hai scelto il festival tedesco senza incertezze?
Già mentre lavoravo al montaggio pensavo a Berlino, chissà perché, mi sembrava adatto. Non ho fatto il doppio gioco con Cannes, che pure mi aveva telefonato per sollecitarmi una visione. Avevo già detto sì a Kosslick.

Come mai hai deciso di ambientare la vicenda a Vicenza?
Vicenza, con Arezzo, è la città degli orafi. E il mestiere dell’orafo mi sembrava visivamente interessante. I gioielli disegnati dal personaggio di Vittorio diventano sempre più sottili, come il corpo della ragazza.

A Michela Cescon, nella realtà come in scena, hai chiesto di sottoporsi a un regime alimentare spaventoso, che le ha provocato non poche conseguenze psicologiche.
Da una parte mi identificavo con Vittorio: ero ormai in grado di riconoscere il peso di Michela, mi sembrava che non dimagrisse abbastanza; ma cercavo anche di comprendere i movimenti psicologici di lei… a metà film abbiamo avuto uno scontro molto duro, ma da allora lei ha fatto un salto enorme come attrice, le è cambiato addirittura lo sguardo. E credo sia stata la salvezza del film.

Anche L’imbalsamatore, che ti ha fatto conoscere a un pubblico più vasto e ti ha dato moltissimi premi, era una storia di manipolazione e non a caso aveva un protagonista artigiano.
Indubbiamente l’elemento alchemico è presente anche lì, c’è una ricerca del bello alla base di entrambi i personaggi: Peppino dava vita agli animali morti, Vittorio dà vita al metallo. Eppure, al di là di queste similitudini, vedo soprattutto differenze tra i due film.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy