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PRODUZIONE Italia

Product placement in cerca di "made in Italy"

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Ad un anno dalla sua introduzione, con la riforma del ministro Giuliano Urbani, il product placement (l'inserimento nei film di prodotti da pubblicizzare) contribuisce già per il 5-10% all' investimento totale per la realizzazione della pellicola. E' quanto emerso nel corso di un dibattito svoltosi nell'ambito del Premio Saint Vincent del cinema italiano.

I primi dati sono stati forniti ieri dall' agenzia di pubblicità e promozione Camelot di Milano, che ha monitorato un campione di circa sessanta aziende. Finora i settori interessati maggiormente al progetto sono l'elettronica (computer, monitor, televisori, hi-fi), la telefonia, auto e moto (soprattutto di livello medio, niente marchi di lusso), abbigliamento e 'food & beverage'. Solo bevande analcoliche per ora: non decolla il "made in Italy" enogastronomico, ma in futuro le agenzie di pubblicità contano di poter attirare le aziende per pubblicizzare prodotti tipici.

"Solo se si mantiene una percentuale del 5-10% di contributo sul costo globale del film il progetto può avere un senso", ha spiegato Paola Mazzaglia, ad di Camelot . "Per ora non c' è un listino prezzi - ha aggiunto - ma gli accordi avvengono in base al buon senso. L' ottica è di effettuare un inserimento del prodotto serio, intelligente, elegante nel contesto del film". Per Michele Lo Foco, presidente di Cinecittà Diritti, "la pubblicità prima era un nemico del cinema, ora diventa un elemento del piano produttivo. Bisogna reimpostare il sistema per farla diventare un perno della produzione".

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