Il cinema europeo ha un'identità?
Esiste un “cinema europeo”? E se esiste, qual è la sua identità? Se ne è discusso sabato 9 aprile nel Salento in un convegno organizzato dal Sindacato nazionale critici italiani (Snci) nell'ambito del "Festival del cinema europeo di Lecce". Al dibattito sono intervenuti alcuni rappresentanti della galassia cinema. Per il presidente del sindacato critici italiani Bruno Torri una vera identità ancora non c'è, perché "non può essere solo la somma delle singole cinematografie nazionali. Per arrivare a una cinematografia continentale ben riconoscibile bisogna trovare altri fattori coagulanti. Bisogna ad esempio individuare dei valori condivisi, dei temi comuni che uniscano i diversi Paesi e che siano espressi nei film".
Di diverso avviso il regista Francesco Maselli, che punta invece sulla "incredibile molteplicità espressiva del cinema europeo. La sua identità sta proprio nella mancanza di identità. Nei vari paesi c'è uno straordinario laboratorio creativo, il problema è difenderlo e sostenerlo attraverso le legislazioni nazionali". Il giornalista Oscar Iarussi parte da una constatazione: oggi, nell'era del digitale e dei nuovi mezzi audiovisivi, è messa in crisi la stessa nozione di cinema. Tutto da rivedere quindi: "Intanto, bisogna scordarsi di voler competere, senza averne i mezzi, con la mega industria americana. Il futuro del cinema europeo arriva dalle frontiere, come la Finlandia di Kaurismaki, il Portogallo di De Oliveira, la Danimarca di von Trier o la Grecia di Anghelopoulos. Tutte cinematografie che si distinguono per un rallentamento dello sguardo. Se il cinema americano è azione, quello europeo si può definire della contemplazione". La pensa così anche il regista polacco Krzysztof Zanussi, che di recente è stato negli Stati Uniti: "Oltre oceano viene apprezzata questa diversa prospettiva, assente in America, che offrono i film del Vecchio Continente. Ma qui da noi regna un generale disfattismo.".
Gaetano Blandini, direttore generale per il cinema del ministero per i Beni e le Attività Culturali, ha offerto invece il punto di vista delle istituzioni. "In Italia, anche grazie alla nuova legge sul cinema, che sicuramente dovrà essere ancora migliorata, i numeri fanno intravedere una ripresa. Ma c'è ancora tanto da fare: bisogna ad esempio educare i giovani al cinema italiano ed europeo". Quanto all'Europa, Blandini accenna a una bozza di legge Ue che se passasse farebbe cadere entro il 2007 il sostegno alla cosiddetta "diversità culturale": "Il venir meno di questi finanziamenti sarebbe un disastro anche per le cinematografie nazionali". Inoltre, per aprire la strada a un cinema europeo, prima di tutto "ci vorrebbe anche un accordo per superare le infinite barriere protezionistiche che esistono ancora tra i vari paesi europei".
Secondo il regista della saga tedesca Heimat, Edgar Reitz, la partita si gioca soprattutto tra autori e pubblico. "Anche noi registi dobbiamo scoprire la nostra identità europea. Bisogna trasmettere allo spettatore l'orgoglio di essere europei nella vita quotidiana. Ad esempio, i cittadini di diversi paesi Ue si sono trovati d’accordo sul no la guerra in Iraq: questo è già un valore condiviso dal quale partire”. Reitz ha aggiunto poi che “in America il pubblico affolla i cinema per vedere i miti. Miti che esistono anche qui da noi, ma bisogna scoprirli. E questo è anche un compito politico: ci vuole maggiore sostegno alla promozione. L'Europa ora esiste da un punto di vista politico ed economico, ma finora è stato trascurato l'aspetto culturale."
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