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Ritorno alla realtà

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La doccia fredda era infatti dietro l’angolo, e molti esercenti e produttori britannici hanno dovuto rapidamente prendere atto del fatto che il periodo di euforia era definitivamente tramontato. Da allora, alcune tra le principali società indipendenti sono scomparse dal mercato (J&M, Alibi, United Artists, Lola Films UK), mentre altre come Intermedia hanno traslocato a Hollywood. L’apertura di Signpost Films nel 2001 è stato un coraggioso tentativo di Stewart Till di fronteggiare la cruda realtà del mercato, ma il suo sogno ha avuto vita breve: la società ha chiuso i battenti il mese scorso.
Gli esportatori britannici sono tuttora in cauta attesa di tempi migliori: e tutti, persino compagnie finanziariamente in salute come Pathe International, operano in bilico tra la cautela e la valutazione continua dei fattori di rischio. “Pathe non è mai incorsa in grossi rischi”, conferma il direttore vendite della società, Alison Thompson. “Generalmente giochiamo sulla lunga distanza, cercando sempre di avere film molto diversi, dai titoli di grosso calibro, come il prossimo film di Jane Campion In the Cup, attualmente in post-produzione, ai film di nuovi registi dagli esiti meno prevedibili”.
Le società di vendita si rivolgono ai distributori internazionali assecondando l’evoluzione del mercato, polarizzato in due tipi di prodotti: da un lato film di genere o diretti da registi molto noti (due esempi che all’ultimo Mifed hanno avuto buoni riscontri possono essere il cartone animato di Pathe The Magic Roundabout e The Company della Capitol Film diretto da un regista stimato e famoso come Robert Altman), dall’altro piccoli film d’autore con l’imprimatur di un festival o della critica come Bloody Sunday della Portman o Bend It Like Beckham della Work.
Secondo Angus Finney della Renaissance Film “il mercato è profondamente cambiato e film da 10-12 milioni di euro sono molto difficili da finanziare oggigiorno”. Piuttosto, conferma, ci si concentra su progetti da 4-5 milioni di euro, mentre pellicole da 15-20 milioni di budget firmati da registi star inglesi o americani come Neil La Bute (Nurse Betty), Roger Michell (Notting Hill) o Oliver Parker (Una marito ideale) sono progetti in divenire frutto di relazioni e contatti.
Se Renaissance utilizza il suo fondo di sviluppo di un milione di dollari per attrarre i registi più famosi, molte altre società hanno invece incrementato le rispettive attitività di produzione e finanziamento: ne è un esempio la Hanway Films and Winchester che ha appena assunto l’esperto di vendite Gareth Jones (ex Alibi) per metterlo a capo del dipartimento produzione e finanziamenti.

Nell’impossibilità di fare affidamento sulle sole prevendite o sugli investimenti azionari come Film Four che si è ritirato dal mercato, gli esportatori e i produttori britannici devono faticare parecchio per riuscire a mettere insieme i finanziamenti, così molti di loro si sono rivolti a fonti economiche alternative: sussidi, sgravi fiscali, coproduzioni.
Fortunatamente, il Regno Unito è ancora percepito come “il posto giusto” in termini di denaro facilmente reperibile visto che gli incentivi fiscali sono stati prolungati fino al 2005 e che il Film Council ha a disposizione un budget annuale di circa 77,5 milioni di euro: praticamente, ciò significa che i produttori possono contare fino al 50 per cento del budget a livello locale.

Un’altra nota positiva viene dal bouquet di titoli britannici venduti da compagnie che fanno base nel Regno Unito, film baciati dal successo della critica e del pubblico come Bend It Like Beckham, All Or Nothing, Gosford Park, Bloody Sunday.
Il 2003 dovrebbe essere un anno nuovamente sulla cresta dell’onda, con film molto attesi che arriveranno finalmente sugli schermi come The Mother di Roger Michell con Daniel Craig, To Kill a King di Mike Barker con Tim Roth e In The Cut di Jane Campion con Meg Ryan.
Attratti sia dal boom del tax break che dalla presenza di registi, produttori e scrittori di talento, alcune società statunitensi hanno deciso di scommettere o di reinvestire sulla comunità del cinema londinese, altro buon segno per tutto il Regno Unito. Così Lakeshore ha ingaggiato Peter Rogers per supervisionare da Londra tutti i progetti di coproduzione in Europa, e i produttori Edward Pressman e John Schmidt hanno assunto, sempre a Londra, Jamie Carmichael (ex Icon) come direttore vendite della loro Content International.
Per Alison Thompson, tutti gli esportatori britannici devono cercare in questi tempi di rimanere a galla. “Lo scenario inglese è di nuovo alla vigilia di una nuova era – sostiene – e gli inevitabili cambiamenti di questi mesi ci porteranno a percorrere nuove strade”.

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