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La dimensione giuridica dell’allargamento

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Per il laboratorio giuridico, sotto la presidenza di Karol Jakubowicz ‘ presidente del Comitato Permanente per la Convenzione ‘Tv senza frontiere’ del Consiglio d’Europa, e capo della programmazione strategica della TVP, e con la partecipazione di Susanne Nikoltchev Esperto legale dell’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo, e Krzysztof Wojciechwski, consigliere del Management della televisione polacca domandarsi se l’allargamento debba essere una ragione di entusiasmo o un motivo d’inquietudine, vuol dire prima di tutto rispondere a tre domande:
1. Come si presenta oggi la presa di coscienza del carattere comunitario in materia audio-visiva, nella legislazione dei paesi candidati ?
2. quali sono i problemi che sussistono, in particolare per conciliare le esigenze dell’adesione all’Unione Europea con gli obblighi imposti dall’adesione all’OCSE od all’ OMC - Organizzazione Mondiale del Commercio ?
3. Come saranno associati questi nuovi partner alla revisione della direttiva ‘TV senza frontiere’, e, più generalmente, alla elaborazione delle nuove direttive destinate a rispondere alle evoluzioni tecnologiche in corso?
Sulla prima domanda si potrà forse fare una constatazione. Tutti i paesi candidati hanno ormai introdotto nelle loro rispettive legislazioni la maggior parte delle regole europee. Al punto tale che la quasi totalità di loro sono già associati ai programmi di Media, o in posizione di esserlo.
Per dare una misura del cammino sin qui percorso, il polacco Krzysztof Wojciechowski a fatto rimarcare che tutti questi paesi venivano da lontano e anche prima di aderire al progetto audiovisivo europeo hanno avuto come primo obbiettivo non solo quello di ricreare le condizioni della democrazia, ma addirittura di far risorgere nei cittadini lo stesso bisogno di democrazia. Ed è in questo senso che vanno lette parole nuove in materia audiovisiva, quali il rapporto fra pluralismo e potere politico.
Nella maggioranza dei paesi dell’Europa centrale ed orientale, la presa di coscienza del carattere comunitario non è dunque iniziata col progetto di adesione all’Unione. È la meta del processo che era cominciato a livello nazionale con la preparazione dei primi testi regolamentari che riguardavano i media, in particolare con gli sforzi volti a costruire una televisione democratica e pluralista, ed a affermare il principio della libera circolazione dei programmi.
Questo processo è proseguito nel quadro del Consiglio d’Europa e attraverso i programmi di scambio e di co-produzione sviluppati in seno all’UER, Unione Europea di Radiodiffusione.

Oggi i principi europei in materia di diversità, pluralismo, e indipendenza dei media sono stati totalmente ripresi nelle leggi nazionali. Si può dire, con qualche sfumatura, la stessa cosa anche per quanto riguarda l’adozione delle regole della direttiva ‘TV senza frontiere’ che riguardano la pubblicità, le televendite, o in un altro ordine d’idee, la protezione dei minori, o la trasmissione in chiaro degli eventi nazionali di maggior importanza.
Due, invece, sono i punti dove l’allineamento con la pratica dell’Unione Europea è apparso più delicato:
la regolamentazione della protezione e della remunerazione degli autori, e soprattutto le questioni relative al posto da riservare alle opere nazionali ed europee nella politica di programmazione e produzione delle reti televisive dei paesi candidati.
Le legislazioni della maggioranza dei paesi candidati si sono trovate in effetti davanti a due problemi:
a) la reticenza a rimpiazzare le quote nazionali con delle quote europee, amplificata in numerosi paesi dalla debolezza del loro mercato interno;
b) la pressione degli Stati Uniti, esercitata attraverso organismi come l’OCSE e l’OMC, per non restringere la libertà di investire e commerciare nel settore audiovisivo.

Molti paesi oggi candidati all’adesione, avevano originariamente adottato una legislazione che apriva il loro mercato audiovisivo al libero accesso commerciale di investimenti e programmi stranieri, in maniera contraria ai principi posti dall’Unione Europea. Questo naturalmente ha posto dei seri problemi al momento di avviare il processo di adesione. La maggioranza dei paesi ha potuto rivedere la sua legislazione con l’aiuto della Commissione Europea, ma le difficoltà -specie per alcuni paesi- sussistono ancor oggi. È il caso, per esempio, dell’Ungheria che, essendo stato uno dei primi paesi ad imboccare la via della liberalizzazione economica, aveva già preso un certo numero d’impegni commerciali quali ad esempio (nella sua prima regolamentazione del settore delle comunicazioni) la regola che le trasmissioni di canali televisivi stranieri originate dal suo territorio non rientravano nel campo di competenza della regolamentazione audiovisiva nazionale, bensì in quello delle telecomunicazioni.
Ma l’argomento di gran lunga più sensibile allo stato attuale dei negoziati per l’adesione resta in ogni caso quello della definizione di cosa debba intendersi per produzione nazionale.
Due logiche si oppongono. La prima è quella d’impronta industriale che propende per una definizione intesa in senso ampio: tutta la produzione realizzata nel paese in questione o con i mezzi del paese in questione. L’altra, invece, ha un’impronta più culturale (ed assai più restrittiva), analoga a quella adottata dalla Commissione Europea, che adotta una definizione linguistica della produzione nazionale: è nazionale, cioè, una produzione realizzata nella lingua del paese in questione.
In effetti, la Commissione considera che lo sviluppo delle industrie nazionali dei programmi sia intimamente legata alle politiche nazionali di sostegno, ma che queste politiche debbano restare compatibili con la costruzione dello spazio audiovisivo europeo.

L’ultima questione riguarda la revisione e l’applicazione della direttiva ‘TV senza frontiere’ nei paesi candidati.
I partecipanti al laboratorio, dopo aver proceduto ad una lettura articolo per articolo del testo della Direttiva e dopo uno scambio di vedute estremamente aperto sulle revisioni da apportare al testo in vigore, sono stati unanimi nel riconoscere l’indispensabilità di associare i paesi candidati alla loro elaborazione e revisione, se si vuole che i nuovi paesi membri applichino i nuovi testi. Più essi saranno associati al lavoro di revisione attualmente in corso, più si rinforzerà la legittimità della legislazione europea.
In conclusione, i partecipanti ai lavori si sono posti la domanda se l’allargamento dell’Europa audiovisiva debba esser considerata una prospettiva entusiasmante o preoccupante. Secondo i giuristi, però, la domanda veramente non può esser posta in questi termini. L’eventualità di lasciare i mercati audiovisivi dei paesi dell’Europa centrale ed Orientale ai margini del Mercato europeo non è un servizio da render loro. Ma soprattutto non è un servizio da render ai paesi dell’Unione Europea dal momento che, con lo sviluppo dei satelliti, la ‘Televisione senza frontiere’ di cui parla la Direttiva comunitaria omonima, è ormai diventata una realtà da cui non si può più prescindere.

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