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FILM / RECENSIONI

Il profumo della dama in nero

di 

- Seconda parte di un dittico ispirato all'opera di Gaston Leroux, Il profumo della dama in nero è una bizzarra commedia che rinverdisce un genere e omaggia un meraviglioso cinema d'altri tempi

Un passo all'indietro nella notte di uno dei protagonisti, furtivo e maldestro, una spallata ad una piccola catasta di legna, che cade, colpisce e proietta una serie di oggetti in uno strabiliante quanto esilarante effetto domino. E' la scena più spassosa de Il Profumo della dama in nero [+leggi anche:
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scheda film
]
, e quella che rappresenta simbolicamente tutto il film: un domino che origina dalla prima sequenza e si esaurisce soltanto con l'ultima. Ogni scena dà un colpetto e spinge in avanti la prossima.

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Seconda parte di un dittico ispirato all’opera dello scrittore di sorprendenti avventure Gaston Leroux, Il profumo della dama in nero di Bruno Podalydès, promettente e originale cineasta di Versailles, è una bizzarra commedia retrò che rinverdisce un genere ormai dato per defunto come il whodunit e omaggia un meraviglioso cinema d'altri tempi. Proseguendo gli adattamenti dai racconti di Leroux (autore tra l'altro del "Fantasma dell’opera") iniziati con Il Mistero della camera gialla (2003), Bruno Podalydès si muove sui toni del nero venati di tinte surreali per creare un piccolo gioiello con uno stile vintage che lo rende appassionante.

Il protagonista è Rouletabille (Denis Podalydès, fratello del regista), accompagnato dal fido Sainclair (Jean-Noël Brouté), una coppia che è un sorta di parodia di Holmes e Watson. Il malvagio illusionista Larsan (Pierre Arditi) è tornato e continua a tormentare Mathilde (Sabine Azéma). Lei nel frattempo si è sposata e sta in luna di miele con Robert (Olivier Gourmet). Il reporter-detective Rouletabille, genio della deduzione scientifica, ed il suo assistente Sainclair si mettono sulle tracce del delinquente fino a scoprire che Larsan si è travestito diventando un insospettabile membro del gruppo di persone con i due novelli coniugi sono in vacanza. Chi? E come mai Mathilde, col suo profumo, i suoi modi, ricorda tanto la madre di Rouletabille, la signora in nero che gli portava i dolcetti in collegio?

Sembra davvero di sfogliare un vecchio fumetto, oppure un romanzo d’appendice del primo novecento, tra assurdi personaggi dalle eccentriche passioni, sottomarini solari, travestimenti. Espedienti ed invenzioni si susseguono con ritmo, nonostante una eccessiva dilatazione nella parte centrale. Si gioca a prendere in giro i cliché narrativi e i luoghi comuni del poliziesco in costume a metà strada fra Arsenio Lupin ed Hercules Poirot con un tocco di mascheramenti alla Fantomas. Alla letteratura popolare e a un secolo di cinema si aggiunge una messa in scena teatrale da burlesque o da teatro dell’assurdo, con i personaggi sopra le righe e una macchinosa trama che si infittisce e si avvolge per dipanarsi alla fine. La estremizzazione parodica di caratteri e personaggi si associa ad una minuziosa ricostruzione degli ambienti inizio secolo e ad una fotografia che rimanda a tanti film di genere.
Corale è la performance dei 12 personaggi, intrappolati su un’isola dove niente è come sembra. Ognuno di loro, al riparo del proprio paio di occhiali da sole, nasconde un segreto. Meraviglioso è Michael Lonsdale, nei panni del professor Stangerson, alle prese con i suoi dipinti paesaggistici. E lo stesso Chateau d’Hercule, con i suoi anfratti, è un personaggio a se stante.

Le parfum de la dame en noir si misura con la sparizione e l'apparizione dei corpi, con i meccanismi della finzione scenica rivelati al pubblico come un gioco d'illusione durato troppo. Illusioni ottiche, inganni filmici che combinano chimicamente avventura e umorismo, su un set che si trasforma e trasforma i personaggi. Come quel fantastico confessionale girevole, dentro il quale si consuma tutta la lusinga del cinema.

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