Un Container pieno di sorprese
di Annika Pham
Dopo tanti premi per Together(2000) e Lilya 4-Ever (2002) Lukas Moodysson presenta il suo quinto film, Container, alla sezione Panorama della Berlinale. E nonostante sia un film decisamente sperimentale, la reazione del pubblico l'altra notte è stata veramente positiva, tanto da far dire ad un distributore americano presente alla proiezione: "Sono colpito. Ero rimasto deluso dal precedente film di Moodysson, A Hole In My Heart, ma ora la mia fiducia in lui è rinata".
Buone notizia dunque per Trust Film Sales, che si occupa delle vendite internazionali, e per il suo produttore Lars Jönsson della Memfis Film, che ha dato supporto al regsita svedese sin dai suoi esordi.
Container, come la maggior parte dei film dell'enfant terrible del recente cinema svedese è un viaggio in territori sconosciuti. "Una donna nel corpo di un uomo. Una donna nel corpo di un uomo. Gesù nella pancia di Maria. Le si rompono le acque, scorrono su di me. Non posso fermarle. Il mio cuorre è colmo." Questa la descrizione in tre righe del film di Moodysson. Un esperimento girato in bianco e nero, Container è come una partitura musicale con una narrazione inesorabile da parte dell'attrice americana Jena Malone che recita con una voce sensuale un testo che esprime le personali fobie del regista rispetto alla guerra, il sesso, la religione, la paura della morte, la celebrità, mentre le immagini senza una struttura lineare illustrano la poetica, e un po' deprimente, visione di Moodysson.
I due protagonisti, l'attore svedese Peter Lorentzon e la danzatrice di origine thailandese Mariha Aberg, sono proiettati nel film-container come pezzi di carne, zombie che camminano in stanze distrutte o aree devastate dalla guerra o da Chernobyl. In queste visioni da incubo dove una donna è intrappolata in un corpo maschile, il mondo esterno e le altre persone sono un'aggressione al protagonista maschile/femminile che si muove come un autistico. Perché per Moodysson, "Container è un film autistico".
Nonostante il suo soggetto "difficile", il film è acuto, sensibile, ricco di piacevoli contrasti tra la soffice voce fuori campo e il rigore delle parole dette e delle immagini mostrate. E Moodysson non manca di inserire tocchi di umorismo sulla cultura pop e la sua paura della notorietà.
(Tradotto dall'inglese)
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