I produttori indipendenti: "regole certe per il mercato"
"Il mercato cinematografico in Italia si sta chiudendo sempre di più. Cerchiamo delle regole certe per riaprirlo ai film di qualità". Questo è il grido d'allarme di un gruppo di produttori e distributori indipendenti lanciato in occasione della presentazione a Roma della rassegna "Cinque pezzi facili" (leggi l'intervista con Vieri Razzini della Teodora Film).
Tilde Corsi, Andrea Occhipinti, Domenico Procacci e Vieri Razzini denunciano un'involuzione del mercato per cui "sono sempre meno i film di qualità che riescono a farsi notare perché ormai l'impegno pubblicitario deve essere necessariamente enorme e il film deve realizzare un grosso fatturato nel primo week, altrimenti gli esercenti lo smontano subito". La conseguenza? "Meno varietà, meno diversità e conseguente impoverimento dell'offerta culturale".
Dice Occhipinti: "Noi produttori indipendenti abbiamo un ruolo fondamentale, siamo quelli che fanno maggiore ricerca, portando nelle sale i nuovi talenti, come è stato per gli Ozpetek, i Kaurismaki. Ma siamo anche l'anello piu fragile, a differenza di altri soggetti piu forti che hanno alle spalle le telecom o gruppi industriali, e abbiamo più bisogno di regole". Aggiunge Procacci: "basterebbe applicare regole che esistono già e crearne altre che permettano ad un prodotto di cercare le sue strade sul mercato".
"I francesi lo hanno capito", spiega Tilde Corsi, "e attuato una serie di regole per cui ora il loro cinema è il secondo al mondo. Basterebbe obbligare tutti quelli che utilizzano i nostri film (partendo dalle vecchie tecnologie fine alle nuove, come la trasmissione dei film sui telefoni cellulari) a pagare alla fonte, con una tassazione in percentuale rispetto loro fatturato, come appunto in Francia".
Importantissimo è il ruolo delle televisioni, che rimangono la maggior fonte di recupero dell'investimento. Purtroppo l'obbligo di programmazione di film italiani ed europei di qualità viene facilmente aggirato. "I nostri giovani - si rammarica Occhipinti - non conoscono più un linguaggio cinematografico che non sia quello nordamericano". Per Razzini infatti "ricreare l'abitudine al buon cinema, con una programmazione costante, non relegata nelle nicchie culturali, ma in fasce orarie accessibili".
"Non c'è una vera regola sulla quota in sale nemmeno per i multiplex", ricorda ancora Occhipinti, e Procacci sottolinea un'ulteriore problema: "Quello della censura. C'è un disparità di trattamento per i film culturali che è penalizzante, perché una pellicola vietato ai 14 anni vale il 50 per cento in meno e non può andare in prima serata in tv. Un mio film è stato censurato per una fellatio appena intuita, mentre l'ultimo 'film di Natale' per le famiglie si esibiva in una lunga casistica di giochi sessuali".
I quattro produttori sperano che il nuovo governo abbia "un atteggiamento diverso nei confronti del cinema e della cultura e trovi regole che amplino il mercato e non siano punitive. Del resto esiste già una normativa europea".
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