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I premi Goya 2003

di 

- Una cerimonia di premiazione all’insegna del ‘no alla guerra’. La cronaca della serata, tra glamour e denuncie politiche.

Tutti uniti contro il conflitto

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Non si assiste così spesso ad una consegna di premi così ricca di emozioni e sincerità come quella della XVII edizione dei Premi Goya, trasmessa in diretta da TVE 1, e poche volte una manifestazione del genere ha suscitato così tante polemiche.
In un orario di massima audience i protagonisti del cinema spagnolo hanno mostrato l’aspetto più umano e vicino agli spettatori che vogliono credere in loro e poter sognare con loro.

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Il presidente dell’Accademia, Marisa Paredes, elegante e bellissima in un abito da sera color verde smeraldo di Sybilla, ha dato il benvenuto agli astanti affermando che si trattava di una serata libera, la serata del cinema spagnolo, dei Premi Goya. “Non bisogna aver paura della cultura, dell’intrattenimento, né della libertà d’espressione e ancora meno della satira, dell’umorismo. Bisogna aver paura dell’ignoranza e del dogmatismo, bisogna aver paura della guerra”.
La platea è esplosa in un forte e sentito applauso, lo spettatore si è reso conto che avrebbe assistito ad una cerimonia ricca di contenuti sociali.

“Un altro motivo per rilassarci - ha continuato il Presidente - è che non parlerò della crisi, siamo qui per brindare al cinema spagnolo, al grande interesse che suscita in patria e fuori. Nel nostro cinema c’è talento, creatività, illusione. Soldi no, ma forse questo si può risolvere con l’accordo di tutti. Siamo autocritici e nella nostra cinematografia come in tutto il mondo si commettono errori. Ci sono buoni e cattivi film e ci sono anche miracoli malgrado le produzioni hollywoodiane (... ) Ma il buon cinema, da qualsiasi parte provenga, ci piace! Abbiamo bisogno di convivenza, non d’invasione, aria libera per esprimerci, abbiamo bisogno che ci lascino competere con uguaglianza di condizioni. Questo è un Paese con molta storia, molte identità, con la ricchezza di più lingue, e che condivide con l’America Latina la sua eccezionalità culturale, cerchiamo di andare d’accordo e difendiamo il nostro cinema”.

Non era quello, evidentemente, il momento per parlare di una crisi che ha bisogno di interventi concreti da parte del governo e non di facili e superflui discorsi, come del resto è sempre avvenuto. Era una festa del cinema spagnolo, e poche volte, come in questa edizione, i titoli nominati parlavano da soli della buona qualità di questa cinematografia, mettendo d’accordo persino i critici. Il presidente ha concluso con una battuta, chiedendo una sigaretta: “Ho promesso di smettere di fumare se si risolve il problema del cinema”.

La parola ai vincitori

Lo spettacolo comincia, con musica circense, alla Kusturica, a cura della compagnia del Teatro Animalario, autori e coordinatori dello spettacolo con copione di Juan Cavestany e con gli attori Guillermo Toledo e Alberto San Juan come presentatori. Tutti mostrano con orgoglio sui loro vestiti da gala il cartellino della Piattaforma contro il conflitto con la scritta “No a la guerra”.

Javier Bardem, che con Juan Carlo Bellido ha consegnato alla cantante Dolores González Flores 'Lolita' il premio alla migliore attrice rivelazione per il film Rencor, assicura che il gala avrà “molto glamour e Prestige.”
Da quel momento tutti cominciano a manifestare spontaneamente il loro impegno politico sociale in un momento in cui è necessario farlo.

José Angel Egido, premio al miglior attore rivelazione per Los lunes al sol [+leggi anche:
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, afferma: “voglio ricordare tutte le persone che lottano contro le macchie, siano informative o di sangue. Nunca mais alla guerra”.

Il Goya al miglior documentario viene assegnato a Pedro Joan Ventura per El efecto Iguazú, un’opera sullo sciopero ad oltranza dei lavoratori di Sintel. Operai di questa ditta salgono sul palcoscenico con il regista per ringraziare il mondo cinematografico per la sua solidarietà e denunciare come questo sia stato un lavoro solitario che nessuno ha voluto finanziare, solitario come i suoi protagonisti traditi dalle false promesse non mantenute dal governo e dalla Telefónica.
L’emozione cresce, si sta parlando senza false retoriche di disoccupati, di vittime. E il ministro della cultura, Pilar del Castello, non sembrava divertirsi.

Luis Tosar, premio al migliore attore non protagonista, suggerisce al presidente Aznar di andare sulla costa settentrionale spagnola se ha bisogno di petrolio e non di spostarsi in Irak.

Julio Wallovits e Roger Gual, registi di Smoking room, ulteriore denuncia sul mondo del lavoro e premio alla migliore regista esordiente gridano: “Guerra alla guerra”, e ricordano come molti produttori abbiano rifiutato il loro lavoro.

Mercedes Sampietro, premio alla migliore attrice protagonista per Lugares comunes, ricorda l’Argentina e in generale “coloro che soffrono l’ignominia per colpa dell’indecenza politica”. Un No alla guerra viene gridato dalla platea.

Seguono calorosi applausi per Manuel Alexandre, Goya d’onore, con la platea tutta in piedi.

Javier Bardem, Goya al migliore attore protagonista per Los lunes al sol ritorna sul palcoscenico e afferma che vincere le elezioni non vuol dire avere un assegno in bianco. “Bisogna ascoltare il popolo, la gente che dice no alla guerra” (secondo i sondaggi, l’80 per cento degli spagnoli è contrario) e invia un messaggio di speranza a tutti i disoccupati, perché, riprendendo le parole di Claudio Rodríguez: “Si può essere disoccupati ma non addomesticati”.

Ultimi premi: quello al miglior regista per Fernando León con Lunes al sol, protagonista assoluto della serata, consegnato da Penelope Cruz, con uno splendido abito Chanel, e Amenábar, entrambi con il cartellino pacifista. Il regista dedica il premio a quegli eroi ai quali viene negato l’accesso al proprio futuro e conclude, dopo aver mostrato il cartellino, “spero che un giorno si possa parlare della crisi dell’industria delle armi”.

Infine il Goya per il miglior film al suo produttore, Elias Querejeta (Elias Querejeta Producciones e MediaPro Group) che sottolinea come Los lunes al sol tratti dell’amore, della malinconia, della solidarietà. “Se cade uno cadiamo tutti. Riflettiamo e muoviamoci tutti affinché il XXI secolo non sia un secolo terribile”.

La festa continua, c’è allegria sul palcoscenico e dietro le quinte, Juan Cavestany è orgoglioso del risultato: “C’è stata una risposta spontanea del pubblico; noi, chi era in platea e i premiati ci nutrivamo a vicenda”.

Ma la cosa non è piaciuta al ministro Pilar del Castillo, che in un dibattito radiofonico con Guillermo Toledo ha accusato il cinema spagnolo di essere il braccio armato dell’opposizione.
Il Presidente dell’Associazione dei Produttori (FAPAE), Eduardo Campoy ha chiesto le dimissioni di Marisa Paredes, ma intanto i protagonisti del cinema e dello spettacolo in genere continuano a manifestare il loro disaccordo con la politica del governo. Goya, al quale sono dedicati i premi, avrebbe detto “il sonno della ragione genera mostri”.

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