Il cinema? Un gioco da ventenne
Sono iniziate lo scorso 17 settembre, a Lucca, le riprese di Un gioco da ragazze, l’opera prima del 23enne Matteo Rovere. Per Maurizio Totti, che produce con la sua Colorado Film, si tratta della scelta giusta: affidare la storia di tre diciottenni (le esordienti dagli occhi di ghiaccio Chiara Chiti, Desiree Noferini e Nadir Caselli) a un (quasi) coetaneo. Accanto a loro, in un viaggio nell’età dell’incoscienza ambientato tra Roma e la Toscana, c’è Filippo Nigro, il volto più noto di questo noir che scava nelle inquietudini della provincia italiana, prendendo spunto dall’omonimo romanzo di Andrea Cotti. A sua volta ispirato a fatti di sangue reali, e recenti.
Materia incandescente, il cinema di genere che incontra la cronaca nera, difficile da governare anche per mani (e sguardi) ben più esperti: eppure il produttore dichiara di credere molto “nel talento e nella sensibilità di Matteo Rovere”.
A cosa si debba la stima, lo si intuisce scorrendo il curriculum del neo-regista, che a dispetto dell’anagrafe ha già maturato una grande esperienza di set, soprattutto come autore di videoclip musicali e cortometraggi. Il primo film breve, Lexotan, fu subito premiato al Linea d’Ombra Film Festival di Salerno, per poi intraprendere un fortunato percorso internazionale, da Sitges ad Ankara. Esito ancora migliore hanno avuto i recenti Homo homini lupus (interpretato dall’intenso Filippo Timi) e Sulla riva del lago (con Paolo Briguglia), e il documentario Gitanes, girato nella cittadina francese di Saintes-Maries de la Mer.
Adesso, il grande salto, il primo lungometraggio: a otto anni da Dorme, che nel 1999 rivelò il talento di Eros Puglielli, un nuovo enfant prodige si affaccia sulla scena, in controtendenza rispetto a un cinema, quello italiano, dove s’esordisce sempre meno, e sempre più tardi.
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