Editoriale 3 - Guida Lonely Critic
di Sebastiano Pucciarelli - NISI MASA
A cosa serve un festival? E a cosa serve la critica cinematografica?
Forse la seconda domanda va subito riformulata: serve ancora a qualcosa la critica? Perché, se indubbiamente è esistita una stagione in cui chi scriveva di cinema incideva nella cultura del suo tempo, oggi la critica fatica a trovare un ruolo forte.
In televisione parlare di film è un affare da catacombe notturne o satellitari, ma anche sui quotidiani il pezzo di critica va scomparendo, lasciando campo libero all’articolo ‘di colore’ sulle stravaganze della star del film. Nemmeno le riviste specializzate godono di buona salute: perdono lettori, chiudono o si affidano a incerti lifting di immagine e di contenuto. Soprattutto danno la triste impressione del soldato nipponico a cui nessuno ha detto che la guerra è finita da un pezzo.
D’altronde si può sostenere che la critica stia vivendo una seconda vita sul web; dai siti ultra-specializzati ai portali d’attualità sui film in uscita, dai forum e blog dello sfogo cinefilo. Ma anche qua, se per il singolo la rete si rivela decisamente appagante, resta il problema della rilevanza della discussione: quale gittata può avere un dibattito che parte e finisce tra i 25 lettori di un blog?
Più o meno mentre leggete queste righe, alcuni giornalisti e curatori di rassegne si pongono le stesse domande in un incontro dal titolo “I festival stanno cambiando: un nuovo modello per la critica cinematografica?”.
Proviamo allora a tornare al primo quesito - a cosa serve un festival di cinema – e azzardiamo una risposta: se la visione cinematografica è essenzialmente la scoperta di nuovi territori (cioè la sorpresa, la meraviglia e anche l’urto che vive lo spettatore-viaggiatore), i festival sono certamente il luogo privilegiato di questa scoperta. Perché allora la critica non dovrebbe cercare di essere l’onesta guida di viaggio per questo viandante cinematografico?
Certo, festival e critica devono mostrare progetti culturali e formule di promozione al passo coi tempi, e qui Nanni ci può fornire qualche esempio: a cominciare da quando chiede a 10 scrittori di ricordare il loro “primo Wenders” (quale modo migliore di ‘vendere’ una retrospettiva per altri versi ovvia?) oppure quando sceglie di mettere anche la sua faccia totalmente a disposizione della visibilità dell’evento.
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