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Rittrato 4 - Valeria Bruni Tedeschi

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Non deve essere facile essere la sorella di Carla Bruni. Immaginatevi ragazzine, con tutte le insicurezze e i dubbi tipici di quell’età, e avere in giro per casa una delle top model più pagate del mondo la quale, incidentalmente, è anche vostra sorella minore. Come lo spieghi alla suddetta ragazzina che sono solo finzioni da copertina, e che le vere donne sono esattamente come te, un po’ sgraziate nelle proporzioni, con il viso lungo e l’aria buffa? Ma chissà, forse è proprio per esorcizzare questo confronto assolutamente impari che Valeria ha iniziato a recitare.

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Il fatto che il film che l’ha lanciata si intitoli Le persone normali non hanno niente di eccezionale (1993, Cesar come migliore giovane promessa) fa parte dell’ironia che la contraddistingue. Comunque, anche se non possiede lo sguardo ammaliante e lo stacco di coscia della sorellina, di eccezionale Valeria Bruni Tedeschi possiede molte cose. Nata a Torino, figlia di un ricco industriale, a 9 anni si trasferisce in Francia al seguito della famiglia, che temeva di essere nel mirino delle Brigate Rosse. Poi, a metà degli anni ’70, il padre fa quello che avrebbe sempre voluto fare: vende la fabbrica fondata dal nonno Virginio (la CEAT, seconda industria italiana di gomme) e diventa compositore a tempo pieno. Questa sospensione tra altissima borghesia piemontese e attitudine bohemienne a seguire le proprie pulsioni artistiche è parte integrante della poetica di Valeria.

Dopo gli studi a Nanterre inizia a recitare all’ “École des Amandiers” con Pierre Romans e Patrice Chéreau. Anche se il primo riconoscimento arriva in Francia, poco dopo sfonda in Italia grazie al film La seconda volta, di Mimmo Calopresti, in cui interpreta proprio il ruolo di una ex brigatista. I rimandi tra vita privata e i film sono evidentemente importanti per l’attrice, ed entrambe le sue prove da regista lo dimostrano. E’ più facile per un cammello… racconta la storia di Federica, figlia di un industriale torinese trasferitosi in Francia per paura dei rapimenti, che si barcamena tra un ex marito con cui flirta, il nuovo fidanzato di umili origini, una famiglia problematica, un forte senso di colpa per essere ricchissima e il lavoro, se così si può chiamare, di sceneggiatrice. Il film, presentato con grande successo quattro anni fa al festival di Torino, ha poi vinto il premio come miglior regista esordiente al Tribeca Film Festival.

Anche il nuovo lavoro, Actrices [+leggi anche:
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, è estremamente personale, non si sa quanto autobiografico, ma sicuramente nato da forti esigenze interiori. Marcelline è un’attrice teatrale molto affermata e ammirata, però è anche una donna sola: non ha ancora trovato l’amore, viene tormentata dalla madre e dalla zia (vecchie comari della borghesia piemontese) perché si faccia il fidanzato e, dulcis in fundo, la sua ginecologa le annuncia che se vuole un figlio deve sbrigarsi. La sua crisi viene decuplicata dal lavoro in teatro, dove interpreta la Natalia Petrovna di Turgenev, donna forte e allegra che si innamora (solo sul palcoscenico?) del giovane precettore Louis Garrel. Marcelline, come Federica, è una donna troppo sensibile e insicura, capricciosa ed egoista, una bambina mai cresciuta e incapace di confrontarsi con la vita reale, sospesa tra origini altolocate e la carriera d’artista; se apparentemente i film di Valeria Bruni Tedeschi potrebbero peccare di autobiografismo, al limite dell’autorefenzialità, spiccano in realtà per l’ironia, il coraggio e la consapevolezza con cui l’attrice mette in scena le proprie nevrosi, senza cercare di diventare simpatica ma inducendo gli spettatori a confrontarsi con le sue emozioni.

Presentato prima a Cannes e ora a Torino, Actresses conferma ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, il suo talento di attrice, ma soprattutto il suo occhio originale, intelligente ed estremamente femminile come regista. Se continua così, entro il terzo film italiani e francesi staranno litigando furiosamente su quale sia la vera patria di Valeria Bruni Tedeschi.

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